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  • Anzhi e Malaga, quando a tradire i tifosi sono magnati e sceicchi

    Anzhi e Malaga, quando a tradire i tifosi sono magnati e sceicchi

    • Alessandro Calà
    Magnati, sceicchi, russi e società d’investimento, sono loro i proprietari del calcio, più con intenti commerciali che per passione, piace a pochi (solo a chi vince) ma sta di fatto che è così. L’argomento non è ovviamente da ostracizzare ad occhi chiusi, abbiamo assistito a casi in cui l’acquisizione delle società, grazie un vero progetto, permetta al club in questione di entrare nel giro delle grandi, o a ritornarci: vedi Manchester City, Psg, Chelsea e Monaco. Altre volte però, per mancanza di cognizione di causa o per il crollo immediato dell’illusione di poter ottenere in breve tempo i risultati sperati, le acquisizioni non fanno altro che snervare i fan e l’ambiente, portando allo smantellamento di un progetto e di tutto ciò che si trova alle sue spalle. E in un mercato distorto da trasferimenti ed investimenti record, esistono, e sono molti, i casi meno fortunati. 

    La parabola discendente dell’Anzhi - Famoso il caso di pochi anni fa in cui un semi sconosciuto club russo della regione del Dagestan è riuscito a farsi conoscere dall’intera Europa. Si tratta dell’Anzhi, acquistato da Sulejman Kerimov: magnate azionista di Gazprom e Sberbank, la più importante banca russa. In questo caso, raro nel suo genere, tra il presidente e la società esiste un legame di tipo territoriale: Kerimov è nato nel Dagestan e, quando nel gennaio 2011 acquista la squadra di Machačkala , fondata solo nel 1991, forse non immaginava che nel calcio, se non a livello mediatico, è difficile trarre fonti di guadagno specialmente senza un progetto che vada oltre acquisti milionari. Il magnate fino dai primi giorni porterà in squadra campioni del calibro di Roberto Carlos (che assunse anche il ruolo di allenatore-giocatore) e Samuel Eto’o (è noto a tutti l’incredibile ingaggio da 20 milioni di euro a stagione). Insieme a nomi come Lassana Diarra, Diego Tardelli e Willian, per farne alcuni, Kerimov investì ingenti somme per un nuovo stadio, ma ciò soltanto prima che tutto si dimostrasse solo una breve illusione. Dopo aver portato la squadra in Europa League, e dopo solo 2 stagioni, nel 2013 Kerimov decise improvvisamente di ridurre a 50/60 milioni complessivi il budget da investire, fino a poco tempo prima fissato a  4 volte tanto, nonostante i grandi passi avanti fatti dalla società in soli due anni, e sembra assurdo pensare ad una insoddisfazione causata dai risultati. Ma cosa è successo? Beh, la squadra non disponeva del miglior ambiente: Igor Denisov, capitano della nazionale russa, avrebbe spaccato lo spogliatoio accusando gli stranieri di essere lì per soldi, insultandoli con epiteti razzisti e creando una frattura nell’ambiente. Senza considerare che Machačkala non è il posto più ospitale del mondo e la città non offre attrattive, questo infatti spingerà molti giocatori a continui trasferimenti da e per Mosca, come ad esempio Eto’o, attraversando chilometri su chilometri per un allenamento o una partita, anche se a bordo di jet privati. L’insofferenza generale prende il sopravvento ed in seguito all’addio di Guus Hiddink, poco tempo prima insediato sulla panchina, nel luglio del 2013 il Presidente di facciata Remchukov annuncerà: “Il budget verrà ridotto. I giocatori più costosi lasceranno il club quanto prima, per poi ripartire con una nuova politica voluta dal proprietario Kerimov, venderemo le stelle". Le cause? Secondo Remchukov fu per le condizioni di salute di Kerimov: “Le emozioni negative provocate del calcio non sono compatibili con la sua vita”. Per altri semplicemente quel mezzo miliardo di dollari perso tra investimenti errati ed il crollo della borsa che ha bloccato le casse del “patron”. Alla fine della giostra, nonostante il club appartenga ancora a Kerimov, la squadra retrocede nel 2014, per poi fare ritorno nella Premier League russa disputando una mesta stagione da 15 punti in 21 partite, una delle peggiore tra i campionati d’Europa. L’ultimo posto in classifica e le continue sconfitte porteranno il presidente Kerimov a dire: “Se la squadra va in serie B al posto dello stadio costruiremo un acquapark”. A Machackhala forse saranno d’accordo, non per gli scivoli d’acqua, ma perché quel nuovo stadio non piace. “Porta sfortuna” diranno i tifosi. E pensare che fino a pochi anni fa la squadra era considerata come il team che avrebbe dominato la Russia nel giro di poco tempo.

    Il Malaga e le illusioni di uno sceicco - Trasferendoci in Spagna, precisamente in Andalusia, troveremo un caso simile osservando la recente storia del Malaga. Il club fondato nel 1904 in tutta la sua lunga storia ha conquistato soltanto una Coppa Intertoto nel 2002, e quando l’11 giugno del 2010 lo sceicco Abdullah bin Nasser bin Abdullah Al Ahmed Al Thani, cugino del proprietario del PSG, atterrò in Spagna, i tifosi cominciarono a sfregarsi le mani fin dalle promesse per un mercato da “big”. Il nuovo presidente si presentò ai tifosi acquistando Martin Demichelis, Toulalan, Van Nistelrooy, Santi Cazorla, Nacho Monreal, Isco e Julio Baptista, un mercato da 88 milioni di euro totali, risultato? Un quarto posto record in campionato ed una eliminazione ai quarti della Champions League l’anno seguente per mano del Borussia Dortmund di Jurgen Klopp (in una delle tante rocambolesche partite delle squadre allenate dal tedesco). Poi il nulla, Abdullah decise di chiudere i rubinetti amareggiato dagli gli scarsi risultati raccolti fino a quel momento, nonostante i record e la favola che portò la squadra ai quarti di Champions, negli anni successivi il presidente decise di cambiare radicalmente strategia e si dimostro decisamente meno generoso di quando sperato. Abbandonata la politica precedentemente adottata ordinò di puntare su operazioni low cost, non prima di aver annunciato anche la volontà di abbandonare la squadra nel 2012. Decise di cedere tutti i calciatori con un ingaggio superiore ai 3 milioni di euro, smantellando di fatto la squadra, e pretendendo che il suo direttore sportivo, Mario Husillos, trattasse soltanto atleti a parametro zero. Come se non bastasse oltre al danno arrivò la beffa per squadra e tifosi: il Malaga infatti l’anno seguente, nonostante il 6° posto valido per l’Europa League, si vede privare la competizione dall’Uefa per via di mancati pagamenti alle autorità spagnole e ad altri club da parte di Al Thani. Da li in poi il crollo e l’ennesima discutibile decisione di colui che ora è conosciuto come “lo sceicco taccagno” di punire i suoi calciatori non versando più gli stipendi. Pare che allo sceicco, parallelamente all’acquisto del club, fosse stato promesso non solo di poter costruire un nuovo stadio, ma anche un hotel ed un progetto per il porto cittadino, tutto sfumato, come i sogni dei “suoi” tifosi. Adesso il Malaga è tornato a navigare in metà classifica, con un tifo ormai disilluso e senza più alcuna pretesa. Al Thani invece è ancora al suo posto, ma pare che allo stadio non si faccia vedere da parecchio tempo.

    Questo tipo di proprietà divora allenatori, giocatori, denaro e tifosi a un ritmo irrefrenabile, non si può ovviamente fermare e quanto possa reggere non si saprà finché non succede davvero. Il punto è che nel calcio, come nello sport in generale, vince uno solo e con la politica del “tutto e subito” gli altri rischiano il fallimento per il solo fatto di essere arrivati secondi. E anche se in paesi diversi, con diverse abitudini e usanze una cosa è certa, la passione di un tifoso su cui si basa il calcio è la stessa in tutto il mondo, e conseguentemente anche la sua disillusione. L’importante resterà sempre la squadra, e non c’è sceicco, magnate o fondo d’investimenti che tenga.

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