Antognoni: 'I miei primi 60 anni valgono uno scudetto'
Il quotidiano La Nazione incontra Antognoni al Museo del Calcio (dove sennò?) sapendo che nessuno mai è stato come lui per la Fiorentina. Prima giocatore e poi dirigente, 29 anni viola con l’unica parentesi del Losanna. «La Fiorentina per me è stata tutto e ho vinto solo una coppa Italia», dice Antonio. Il Capitano comincia con una dichiarazione di modestia; vengono i brividi — davvero — pensando a com’è diversa oggi la gente del calcio. Giocatori di plastica, uffici stampa di plastica, rapporti di plastica, forse sono di plastica anche i saluti che i calciatori concedono rapidamente dai loro suvvoni (con i vetri oscurati). E poi allenamenti blindati, distanze, proprietà private, filtri, summit per una mezza dichiarazione, comunicati e report, con la passione in soffitta e gli stadi più vuoti. «Ai miei tempi non era così, noi incontravamo la gente, i tifosi, era tutto più umano e diretto, ci dicevamo le cose in faccia. Era più facile anche fare certe scelte, come la mia, rifiutando altre offerte pur di restare nella propria città. Certo che ora girano molti più soldi, tutto è più freddo e calcolato». Giancarlo, com’è la vita a 60 anni?
«Bella, perché non me li sento».
E poi?
«So di essere stato fortunato, ho avuto una vita agiata, ho fatto il mestiere che mi piaceva, ho una moglie che mi è stata sempre vicina, due bei figli, sono rimasto nel mio ambiente anche dopo l’uscita dalla Fiorentina. Devo solo essere contento per come ho vissuto e perché tante persone mi hanno voluto bene».
Rita, prima di tutti.
«Ci conosciamo da 39 anni e siamo sposati da 37. E’ una donna fenomenale, è il primo aggettivo che mi viene in mente. Mi è stata sempre vicina, mi ha aiutato e difeso in ogni situazione difficile. Ecco, mi viene in mente questo di lei: soprattutto mi ha difeso». Qualcuno dice troppo, con i Della Valle, che magari non hanno apprezzato certe considerazioni sui social network.
«Questo è gossip e non ci sto. Se fossi stato dietro ai pettegolezzi e ai ’si dice’, nella mia vita avrei perso la strada di casa. La storia di Facebook è un alibi, diciamo invece che su questo argomento non c’è mai stata chiarezza e non trovo giusto che qualcuno cerchi questo tipo di giustificazioni... Comunque ormai non me ne faccio un cruccio, anche se avevo sperato di rientrare in Fiorentina».
Che spiegazioni si dà?
«Non ne ho, anche se le persone che incontro me lo chiedono continuamente. Io avevo chiesto solo un colloquio, in realtà non mi è stato mai concesso, non ho potuto mai incontrare la proprietà. Ognuno poi è libero di assumere chi vuole, ci mancherebbe, però mi sarebbe piaciuto poter avere almeno un contatto». Eppure la Fiorentina le aprì lo stadio per un giro di campo, qualche anno fa.
«E’ vero, era l’ottobre del 2010, prima della partita con il Bari. Mi era stato assegnato il premio ’Golden foot’ a Montecarlo e mi piaceva dedicarlo a Firenze».
Ci fu un’apertura, allora.
«In realtà mi autoinvitai io... Chiesi il favore alla Fiorentina, che mi concesse il giro d’onore. Quella è stata l’ultima volta in cui sono stato allo stadio».
Torniamo ai 60.
«Ok, tanto non mi fanno effetto. Sarà perché in Nazionale lavoro con i giovani e quindi mi sento giovane anche io. La vita è fatta di stagioni, mi ricordo quando da bambino vedevo mio babbo, a 45-50 anni e mi sembrava vecchissimo. Ora anche una persona di 60 può considerarsi giovane, soprattutto se fa il mio lavoro». Il premier Renzi in un’intervista alla Rai ha detto che Antognoni a Firenze ha vinto tutto, perché ha l’amore di una città intera.
«Ha ragione, questo nessuno potrà togliermelo mai. Magari ho rinunciato ad altre cose, ma ho ottenuto il regalo più importante. Vale come uno scudetto».
Quali dispiaceri ricorda di più, nella sua vita?
«La morte dei genitori, gli infortuni, il dolore...».
E invece quali sono state le cose più belle?
«Il matrimonio con Rita, la nascita di Alessandro e Rubinia, l’affetto della mia famiglia e l’amore di Firenze. Totale, pazzesco, incondizionato». Ci sono stati mai contatti con altre società per fare il dirigente?
«L’unico che ho avuto è stato con il Milan. Parlai con Galliani, fu Terim a sponsorizzarmi. Non se ne fece di nulla».
Se ora, a 60 anni, le capitasse l’occasione di lasciare Firenze cosa risponderebbe?
«Domanda difficile».
Che pretende una risposta sincera.
«Mah. Onestamente non lo so».
Che regalo vorrebbe per il suo compleanno?
«La salute, non sono più giovanissimo...».
Facciamo un passo indietro al periodo in cui era il dirigente che pilotava il mercato della Fiorentina: qual è stato il colpo personale di cui è più orgoglioso? «Senza dubbio Rui Costa».
E il rimpianto maggiore?
«Sono due, Thuram e Nedved. Per il primo c’era già l’accordo e poi il Monaco ci ripensò, salvo poi venderlo un anno più tardi al Parma. Nel caso del secondo fu un nostro errore di valutazione, perché pensavamo che fosse simile a Rui Costa, che avevamo appena acquistato».
Ora la sua casa è la Federazione: come si trova?
«Sono il dirigente accompagnatore delle Nazionali giovanili e a volte il capo delegazione all’estero. Lavorare con i giovani mi fa stare bene, è un impegno che mi appassiona. Anche se ormai sono tantissimi i ragazzi stranieri nei vivai delle società e per le nostre Nazionali è un problema». Quali obiettivi ha in Federcalcio?
«Vorrei migliorare la mia posizione, credo sia umano, anche se va benissimo così».
Quali sono i baby viola più forti?
«Mi piacciono Bernardeschi, Babacar, Fazzi e Capezzi».
Chiusura ancora con Renzi, che ha citato Pupo: ’Guai a chi parla male di Antognoni’.
«Lo ringrazio... Come calciatore accetto tutte le critiche, ci mancherebbe, ma come persona credo di essermi comportato sempre bene. In vita mia credo di aver litigato al massimo con due o tre persone. Chi sono? Lasciamo perdere. E stiano tranquille: non sono uno che porta rancore».