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Ancelotti: 'Riduciamo le partite, i giocatori non ne possono più. Sì alla Superlega, non credo in sarrismo e guardiolismo'
L'allenatore del Real Madrid Carlo Ancelotti ha concesso un'intervista a Il Corriere dello Sport, nella quale si è soffermato su uno dei temi del momento. La necessità di ripensare ai calendari: "Il calcio deve cambiare e deve farlo in fretta. Per prima cosa bisogna ridurre il numero delle partite, si gioca troppo e male, la qualità dello spettacolo è precipitata, i giocatori non ne possono più, alcuni rifiutano la convocazione in nazionale. Stanchezza fisica e mentale, uno sproposito di infortuni, partite che finiscono 10 a 0, è ora di dire basta. Meno partite, lo ripeto, e due finestre per l’attività delle nazionali. Tempo fa ne ho parlato con Wenger. Sono sicuro che i giocatori sarebbero disposti a abbassarsi lo stipendio, se passasse la riduzione del calendario. Gli allenatori farebbero lo stesso. Oggi non siamo più in grado di lavorare e di incidere. Il calcio, così, non sta in piedi".
Sull'idea Superlega: "Nasce proprio dall’esigenza di un cambiamento sostanziale. Con la qualità aumentano anche i ricavi, il calcio torna a essere appassionante, ad attrarre i giovani".
Sulla sua filosofia calcistica: "Le vittorie, i titoli sono l’unità di misura del lavoro dell’allenatore. Chiaro che giocando bene è più facile ottenere il risultato. Io diverto quando vinco. Ad ogni modo non mi ritrovo in alcuna sottocategoria. Il bravo allenatore è quello che adatta il gioco alle caratteristiche dei giocatori. Se ho Modric e Kroos non posso pretendere di fare pressing alto. Sarei un idiota se con un attaccante come Vinicius, che ha un motorino sotto i piedi, non puntassi sul contropiede. Ti faccio un ultimo esempio: se davanti ho Ronaldo studio il modo di fargli arrivare spesso la palla, non gli chiedo di sfiancarsi con i rientri. Non ho mai coltivato un’ideologia. Il guardiolismo, il sarrismo. Il mio credo è l’identità di squadra".
Sull'idea Superlega: "Nasce proprio dall’esigenza di un cambiamento sostanziale. Con la qualità aumentano anche i ricavi, il calcio torna a essere appassionante, ad attrarre i giovani".
Sulla sua filosofia calcistica: "Le vittorie, i titoli sono l’unità di misura del lavoro dell’allenatore. Chiaro che giocando bene è più facile ottenere il risultato. Io diverto quando vinco. Ad ogni modo non mi ritrovo in alcuna sottocategoria. Il bravo allenatore è quello che adatta il gioco alle caratteristiche dei giocatori. Se ho Modric e Kroos non posso pretendere di fare pressing alto. Sarei un idiota se con un attaccante come Vinicius, che ha un motorino sotto i piedi, non puntassi sul contropiede. Ti faccio un ultimo esempio: se davanti ho Ronaldo studio il modo di fargli arrivare spesso la palla, non gli chiedo di sfiancarsi con i rientri. Non ho mai coltivato un’ideologia. Il guardiolismo, il sarrismo. Il mio credo è l’identità di squadra".