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  • An der Alten Forsterei, lo stadio fuori dal tempo: all’Union Berlino il calcio è letteralmente dei tifosi

    An der Alten Forsterei, lo stadio fuori dal tempo: all’Union Berlino il calcio è letteralmente dei tifosi

    • Federico Targetti, inviato a Berlino
    Non è semplicissimo concentrare la propria attenzione su qualcosa in particolare, una volta arrivati allo stadio dell’Union Berlino, nella parte orientale della città. Tutto intorno, un pittoresco bosco, dentro un’atmosfera che profuma di storia, tra la tribuna e la Gegengarade, ovvero la gradinata senza posti a sedere, alla vecchia maniera, tra la Waldeisete (“curva nel bosco”) e il tabellone manuale dall’altro lato, fino a qualche tempo fa fermo sull’8-0. Ci torneremo più avanti. Eppure, se uno ci fa attenzione, dal lato dell’ingresso della tribuna c’è una stele di ferro a forma di caschetto rosso che riporta 2400 nomi, un monumento a imperitura memoria per i 2400 semplici cittadini e tifosi dell’Union che tra il 2008 e il 2009 hanno preso martello e cazzuola e si sono messi a ristrutturare lo stadio An der Alten Forsterei, senza aspettare i fondi dal Governo che avrebbero tardato troppo. Ecco, se si vuole cercare cosa significhi essere tifosi nel senso di far parte di una comunità a livello sociale, consigliamo di fare un giro a Berlino Est, quartiere Kopenick. Non se ne rimarrà delusi.

    An der Alten Forsterei, lo stadio fuori dal tempo: all’Union Berlino il calcio è letteralmente dei tifosi
    Veduta dall'esterno

    FORESTERIA – Più di 22mila posti, di cui solo quelli della tribuna principale sono a sedere, per lo stadio più grande di Berlino se si prendono in considerazione gli impianti destinati esclusivamente all’uso calcistico. Il nome è qualcosa di magico: “Stadio vicino alla vecchia casa del guardiaboschi”, perché appunto è circondato dal bosco della Sadowa (oggi “Wuhlheide”) e addirittura la sede del club è stata ricavata proprio dal vecchio alloggio del guardiaboschi. Lo stadio An der Alte Forsterei è nato nel 1920, più di 100 anni fa, come nuova casa dell’Union Oberschoneweide, vecchio nome dell’Union Berlino, ed è stato portato alla capienza attuale tra gli anni Settanta e Ottanta, dopo il 1966, anno della prima promozione nel massimo campionato della DDR, la Germania dell’Est. A cavallo tra la fine del vecchio e l’inizio del nuovo Millennio, dopo la caduta del Muro e la riunificazione della Germania, lo stadio è diventato rapidamente obsoleto, tanto che l’Union poteva giocarci solo grazie alla concessione di permessi temporanei. Tuttavia, nel 2006, in concomitanza con i Mondiali tedeschi vinti dall’Italia, il Governo interruppe le proroghe, e la società decise, spalleggiata dai tifosi, di procedere alla ristrutturazione, operata dal 2007 al 2009 con circa 140mila ore di lavoro in gran parte degli Unioner, che hanno lasciato ai professionisti soltanto i lavori più complicati di copertura dell’impianto. La mattina dell’inaugurazione, un romanticissimo derby tra Hertha, la squadra dell’Ovest, e Union, c’era ancora chi era occupato a dare le ultime mani di vernice. E tutti, ma proprio tutti, hanno pagato il biglietto quella sera.

    An der Alten Forsterei, lo stadio fuori dal tempo: all’Union Berlino il calcio è letteralmente dei tifosi


    EISERN UNION –Unione di ferro”. Non è solo un motto, è una filosofia di vita. E non vale solo oggi, che la squadra è in Champions League dopo un paio di annate di grande calcio sotto la guida del tecnico svizzero Urs Fischer, ma per tutti i 117 anni di storia della società nata e cresciuta come anticonformista e invisa ad ogni regime. I tifosi dell’Union sono uomini di ferro, abituati a perdere e per questo dotati di fede incrollabile nel loro ideale. “Non ogni tifoso dell’Union era nemico dello Stato, ogni nemico dello Stato era tifoso dell’Union”, si racconta parlando degli anni della Guerra fredda. L’amore per i biancorossi (scelta cromatica non casuale) andava oltre la voglia di scavalcare il muro per fuggire verso la libertà, e si sostanziava nel far parte di una comunità e nello stringersi contro le angherie della Stasi prima e dello Stato appena riunificato poi: nel 1993 e nel 1994 due promozioni consecutive vennero negate con motivazioni pretestuose che adducevano a presunte fideiussioni e rossi di bilancio, mentre nel 1997 il club fu a un passo dal fallimento, ma venne salvato ancora dai tifosi, che misero insieme il necessario al grido di “funf Marken fur Union”, cinque marchi per l’Union. Eisern Union, quindi, non enfatizza assolutamente nulla di quello che è il rapporto tra la comunità e la società. Anzi, c’è di più, perché in effetti l’Union Berlino è l’espressione di un calcio che è davvero dei tifosi: più di 4mila sono comproprietari dello Stadion (unico caso in Germania), più di 32mila hanno diritto di voto nell’assemblea degli azionisti dell’Union. I giocatori spesso arrivano in bici, addirittura l’Alten Forsterei apre per Natale e gli Unioner si ritrovano tra campo e spalti a cantare cori natalizi a lume di candela. Uno spettacolo da togliere il fiato. No al calcio moderno, “Gegen der modernen Fussball”: a Berlino Est più che altrove.
    IN CASA DELL’HERTHA – Sfortunatamente, però, la casa dell’Union non è proprio concepita per il calcio moderno, nemmeno nell’ottica di un ciclo virtuoso come quello attuale: per partecipare alla Champions League, la società del presidente Dirk Zingler ha dovuto spostarsi nella mastodontica casa dell’Hertha, i cugini occidentali, quell’Olympiastadion che nel 2006 ha visto Cannavaro alzare al cielo la Coppa del Mondo. Inutile dire che gli Unioner hanno riempito i 70mila posti dell’Olympia come se nulla fosse in occasione dell’esordio casalingo contro il Braga, perso per 2-3 in rimonta. In effetti, il presente dei ragazzi di Fischer, nonostante gli arrivi dalla Serie A di Gosens e Bonucci, non è dei più rosei, con zero punti in Champions League e appena sei in otto giornate in Bundesliga. Ma non è la prima volta che i tempi si fanno difficili da quelle parti. Un po’ come nel giorno della prima storica partita in Bundesliga, nel 2019: era il 18 agosto, avversario il frizzante Lipsia “pompato” dall’ingresso nella galassia Red Bull. Finì 0-4, ma fu una festa a prescindere, come lo è stata l’esordio casalingo nella massima competizione europea. Non è neanche la prima volta che l’Union si gioca la storia nello stadio dell’Hertha: nel 2000-2001, annata in cui militava in terza serie, riuscì ad eliminare Bochum e Borussia Dortmund e a conquistare la finale contro lo Schalke 04, proprio all’Olympiastdion. Perse 2-0, ma in quanto finalista, grazie alla qualificazione in Champions dello Schalke secondo in campionato, accedette alla Coppa Uefa dell’anno successivo. Una squadra di terza serie che partecipa ad una coppa europea, roba che in Germania non si era mai e non si è più vista. Tornando al 18 agosto 2019, prima partita in prima divisione, sapete quale fu la coreografia scelta per quel giorno? Molto semplice: la curva espose un migliaio di foto in bianco e nero di tifosi che non c’erano più, per condividere con loro quel grande traguardo dopo più di cento anni di sforzi, lotta, moltissimo orgoglio a fronte di pochissime gioie. Una di quelle, però, rimane e rimarrà sempre davanti agli occhi dei tifosi: è l’ottobre del 2006, Union contro Dynamo Berlino. E’ la sfida contro i veri rivali cittadini, Est contro Est, la squadra della Stasi che troppe volte, nel secolo scorso, ha prevalso e spadroneggiato. Finisce 8-0, è l’inizio di un declino che dura ancora oggi per la Dynamo. E quell’8-0, da quel giorno, nessuno si è più sognato di schiodarlo dal tabellone manuale di fronte alla curva nel bosco per anni. Tanto il calcio moderno va con quello luminoso, quello gli uomini di ferro dell’Union glielo possono anche concedere.

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