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Altrochè Balotelli! Da Ailton a Brolin, da Cassano a Le Tissier: grasso è bello!
La domanda sorge spontanea: «A Mario, ma che te sei magnato?». Farà una dieta, eliminerà il grasso superfluo e tornerà. Ok, e se invece ingrassasse ancora? La storia ci racconta di calciatori beatamente grassi, con un girovita «importante» direbbe un qualsiasi allenatore a corto di aggettivi, gente che apriva più menù che difese avversari. Nomi, please. Eccoli. Il nostro mito appartiene ad un’epoca in bianco e nero, siamo in Inghilterra alla fine dell’800 e il nome di William Foulke - fatevi un giro di giostra sulla rete - è rimasto nella leggenda: giocava in porta (capite, faceva fatica a muoversi), pesava attorno ai 150 kg. e nelle foto sembra esplodere.
A quei tempi il peso forma era un dettaglio. Saltando nel tempo e concentrandoci invece sui calciatori dell’epoca moderna, detto che campioni baciati dalle stelle come Maradona e Ronaldo il Fenomeno avevano la tendenza ad ingrassare, ricordato che l’Imperatore Adriano ingrassava di tristezza, che Gascoigne teneva nella pancia ettolitri di birra, che Ronaldinho non aveva esattamente gli addominali a tartaruga, che il mitologico Sodinha (gioca ancora) ha un talento pari ai chili che si porta addosso e che un altro fuoriclasse come l’ungherese Puskas (siamo negli anni 50) spese gli ultimi anni di carriera a rimorchio di una clamorosa pancetta; a noi piace ricordare qualche mito minore, onesti mestieranti che sono rimasti nella memoria dei cultori del genere.
Ricordate - ad esempio - lo svedese Robert Prytz, che da noi giocò con Atalanta e Verona tra gli anni 80 e 90? Era un botolotto di grande sapienza tattica lì in mezzo al campo, con una passione sfrenata per la «birretta», che come si sa: gonfia. Identico il problema del connazionale Tomas Brolin (Parma anni 90): date un’occhiata alle foto che circolano sulla rete e capirete la fatica che faceva per mantenere un peso (quasi) forma.Era danese invece Jan Molby (punto fermo - ma proprio fermo - del Liverpool negli 80), stessi chili del brasiliano Ailton (attaccante del Werder Brema una decina d’anni fa), di quel simpaticone di Neil Ruddock (vita sana, questa sconosciuta, per «Razor», mediano di Milwall, Tottenham e Liverpool tra gli 80 e i 90) e del portierone gallese Southall, che quando si tuffava (anni 80 e 90) faceva una buca per terra.
Aveva piedi di fata e fisico robusto - diciamo così - quel genio matto di Matthew Le Tissier, bandiera nei secoli dei secoli del Southampton. In Italia si è sempre discusso molto sulla fame di calcio e non solo di Cassano (se solo si fosse limitato un po’, chissà cosa avrebbe combinato), nella storia del calcio italiano si ricordano i chili superflui di Franco Zaglio (era nella Grande Inter di Herrera: il Mago lo faceva salire sopra la bilancia e poi lo escludeva dai convocati); ma niente a che vedere con quel fantastico ammasso di muscoli e lardo che risponde al nome di Adebayo Akinfenwa, ex centravanti del Wimbledon noto alle cronache e alle bilance di tutto il mondo come «The Beast». Ora gioca nel Wycombe, in terza divisione inglese: è alto un metro e ottanta, pesa 101 chili, se ne frega bellamente.