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    Allegri ha la sola colpa di aver sopravvalutato la sua Juve: ci sono cascati pure Sacchi e Capello

    Allegri ha la sola colpa di aver sopravvalutato la sua Juve: ci sono cascati pure Sacchi e Capello

    • Alberto Cerruti
      Alberto Cerruti
    Quattro vittorie su quattro in Champions, quattro su undici in campionato. Con un unico punto in comune: Dybala, unico da salvare nell’ultima sconfitta a Verona, grandissimo protagonista nel successo più bello contro lo Zenit. Almeno su questo bisogna ammettere che Max Allegri ha avuto ragione a metterlo al centro del suo nuovo progetto bianconero. Ma proprio perché l’argentino ha confermato in Europa le sue enormi qualità tecniche, bisogna chiedersi quali colpe ha Allegri se i suoi compagni fin qui hanno deluso.

    E’ vero che non tutti hanno la sua classe, ma per vincere gli scudetti non basta avere soltanto un campione. Occorrono interpreti di alto livello in tutti i reparti, perché gli allenatori possono decidere la formazione e la tattica ma poi in campo vanno i giocatori. E allora è opportuno ricordare che negli ultimi due anni la Juventus non ha più avuto la migliore difesa del campionato ma soprattutto, dopo l’ultimo scudetto vinto con Sarri in panchina, i bianconeri hanno faticato per arrivare al quarto posto, malgrado la presenza di Cristiano Ronaldo, capocannoniere del campionato. I suoi 29 gol, che non sono bastati per rivincere lo scudetto, hanno soltanto nascosto tutti i problemi di una squadra senza centrocampisti di qualità. I vari Ramsey, Arthur, Bentancur, Rabiot e McKennie sono semplici gregari, senza fantasia e personalità. E siccome Chiesa e Bernardeschi sono due esterni d’attacco, come si è rivisto contro lo Zenit, non si può chiedere a loro di trasformarsi tatticamente. Così alla fine Pirlo ha pagato per tutti, anche perché ha cercato di imporre le sue idee così diverse dalle caratteristiche dei giocatori a disposizione.

    Il ritorno di Allegri, invocato anche da chi era favorevole alla sua sostituzione con Sarri, sembrava sufficiente per garantire alla Juventus il ruolo di favorita, visto che nel frattempo l’Inter campione d’Italia aveva perso Hakimi e soprattutto Lukaku. Una indiretta, ma evidente, contraddizione, perché per i nerazzurri sono stati considerati più importanti i giocatori partiti dell’allenatore, mentre per i bianconeri è stato considerato più importante il nuovo allenatore dei giocatori che già c’erano. Il campo, che è sempre l’unico giudice, ha invece dimostrato che con gli stessi giocatori di Pirlo, il suo successore Allegri non ha fatto meglio, anzi ha fatto peggio in campionato perché non ha nemmeno Ronaldo. E’ vero che per lui il campione portoghese non sarebbe stato più intoccabile, ma un conto è avere Ronaldo nelle partite più importanti, o almeno in panchina, un altro non averlo per niente e soprattutto non avere avuto il tempo di sostituirlo con un altro attaccante, visto che se ne è andato in chiusura di mercato.

    La morale è che Allegri ha ritrovato Chiellini e Bonucci con un anno in più ma senza nuove alternative all’altezza, con gli stessi centrocampisti di Pirlo, ai quali si è aggiunto soltanto Locatelli. Così non serve continuare a cambiare gli interpreti perché il prodotto è sempre lo stesso. E’ assurdo, quindi, accusare Allegri di non avere coraggio, o peggio di non avere studiato i presunti cambiamenti del calcio nei due anni in cui è stato fermo, accontentandosi di vincere di “corto muso”. Se fosse così, non si sarebbe arrabbiato l’altra sera per il secondo gol subito nel finale, che comunque non metteva a rischio il successo. Sicuramente, come tutti, Allegri può avere sbagliato qualche scelta, rinunciando per esempio a Chiesa, ma se la Juventus è in crisi in campionato lui è il meno colpevole di tutti, perché non basta urlare all’intervallo o alla fine delle partite per trasformare giocatori normali in campioni. Semmai la sua colpa è quella di avere sopravvalutato il livello dell’organico a sua disposizione, spinto dalla comprensibile voglia di tornare protagonista.

    Un errore già fatale a Sacchi e Capello, che dopo avere vinto tutto alla guida del Milan berlusconiano senza i campioni dei loro primi cicli, tra il 1996 e il 1997 sono tornati sulla panchina rossonera finendo però all’undicesimo e al decimo posto. La conferma che le vittorie arrivano con i grandi giocatori, sempre più importanti dei grandi allenatori. Grandi giocatori al plurale, perché un super Dybala può bastare contro lo Zenit mentre in campionato fin qui non è bastato. E se non basta lui, la colpa non può essere soltanto di Allegri. 

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