Allegri, fuori Dybala: serve la Juve di Madrid. Sarri può vincere solo così
Il quale, al novanta per cento, escluderà Paulo Dybala, cioè il miglior marcatore dei bianconeri in questo campionato (21 gol, 3 su rigore). Il problema è doppio: l’argentino, a Crotone, è stato tra i peggiori in campo e Allegri pensa che la squadra debba avere un suo equilibrio. Mettere in campo Dybala significa togliere un centrocampista (uno tra Khedira e Matuidi), cambiare modulo (dal 4-3-3 al 4-2-3-1), chiedere a Mandzukic di fare meno la punta (per fare più l’esterno). Non è detto che, restando stretti e corti, si conceda la superiorità numerica a centrocampo al Napoli. Quel che è certo è che la Juve agirebbe prevalentemente con ripartenze in campo lungo, cioè con troppa distanza da percorrere. D’accordo sulla presenza di Douglas Costa, ma non è pensabile che siano solo gli scatti del brasiliano a fare la differenza.
Per l’appunto, ci vuole (o ci vorrebbe) la Juve di Madrid, padrona del campo, non attendista, libera di giocare e colpire con la manovra e non con il controgioco. Per fare tutto questo Dybala andrebbe benissimo, ma serve un calciatore con forza nelle gambe, destrezza, velocità. Non quello che, pur abbassandosi tra le linee, rallenta la manovra, tocca il pallone sempre una volta di troppo, tenta improbabili dribbling nelle zone più presidiate da marcature e raddoppi. Paradossalmente, se assolvesse il suo compito con zelo pari alle disposizioni, Dybala potrebbe essere l’uomo giusto per “marcare” Jorginho all’inizio dell’azione avversaria. Troppo poco, però, per deciderne l’impiego. Sono, dunque, d’accordo con Allegri nell’escludere Dybala e lo scrivo prima della partita. Dirlo dopo o, al contrario, giudicare sbagliata la sua scelta, ma con il senno di poi, è irresponsabilità culturale. Troppo facile adulare o criticare gli allenatori partendo dal risultato. Bisogna contraddirli o condividerne l’operato prima della discesa in campo.
Fossi Sarri, dunque, partirei con Milik e Zielinski al posto di Mertens e Hamsik. Sono invece convinto che, al massimo, l’allenatore del Napoli ne cambierà uno, giocandosi l’altra scelta a gara in corso. Ho visto il Napoli nella partita con il Milan e non ne ho riportato un’impressione favorevole. E’ vero che avrebbe potuto vincere al 92’ se Donnarumma non avesse deviato il tiro di MIlik, ma è altrettanto vero che la squadra è stanca, spenta, dimessa. Dopo quella sfida scrissi che neppure vincere a Torino sarebbe bastato al Napoli per conquistare lo scudetto. Era, come mi pare ovvio, un paradosso, laddove la vittoria allo Stadium avrebbe potuto essere vanificata da qualche inciampo nelle ultime quattro (Fiorentina-Napoli, Napoli-Torino, Sampdoria-Napoli e Napoli-Crotone).
Non sottovaluto, però, la spinta di entusiasmo che discenderebbe dal successo con la Juve. A quel punto fatica e apatia verrebbero rimpiazzate da un’energia e da una produttività conosciute finora solo dal Napoli capolista. Per vincere a Torino serve una partita brillante, diversa dalle ultime che Sarri ci ha proposto. Il gioco è lo stesso, ma è minore la velocità, più faticosi gli smarcamenti, improbabili i dribbling. C’entra molto il fatto che Sarri non ami cambiare, c’entra anche che i suoi uomini, pur perdendo qualche colpo, non lo hanno mai tradito. Ma non è solo sulla fedeltà che si fonda una squadra. Mettere i più freschi non vuol dire delegittimare qualcuno. Vincere si può anche con gli uomini che finora, in perfetto silenzio, sono rimasti a guardare e aspettano solo l’occasione giusta.