Alla vigilia di Italia-Spagna c’è Prandelli che grida 'olè' a Valencia
Cesare Prandelli, al di là di ciascuna opinione personale sul suo valore di allenatore, merita oggettivamente la definizione di galantuomo. Sicchè la notizia del suo nuovo incarico professionale che lo legherà al Valencia fino al 2018 non può altro che far piacere.
Dai giorni dell’infausto mondiale brasiliano passando a quelli, ancora più desolanti perché truffaldini, dell’esperienza turca con il Galatasaray, l’ex ragazzo della campagna di Orzinuovi ha dovuto subire tutta una serie di mortificazioni decisamente immotivate o comunque fuori misura anche rispetto a errori e omissioni dei quali si era reso “colpevole”. A parte l’inquietante silenzio che era sceso sulla sua figura e che somigliava molto a quello che aveva inghiottito come un buco nero il suo ex collega di Juventus e di nazionale Claudio Gentile, sembrava che con il buon nome di Prandelli si potesse giocare e scherzare per il proprio comodo. Esemplare, in quanto a cialtroneria, il comportamento del presidente della Lazio Lotito che dopo aver suggellato con una stretta di mano il patto professionale tra lui e il tecnico bresciano aveva sparigliato il tavolo inventandosi la tragicomica sceneggiata con il “loco” Bielsa. Un trattamento che Prandelli non meritava a prescindere. Lui era pur sempre quel “signore” che seppe rinunciare ad un contratto da favola con la Roma pur di non lasciare sola la sua prima moglie nei suoi ultimi giorni di vita. Lui era ancora quel tecnico che, successivamente, seppe far innamorare il popolo viola di sé e della sua Fiorentina per la costruzione di un legame che lo ha portato a scegliere proprio Firenze come città della sua vita per sempre. Ora, finalmente, la rinascita con Prandelli già a Valencia e con la sua presentazione ufficiale a stampa e tifosi che avverrà domani a mezzogiorno nello stadio Mestalla.
Cesare, nella sua nuova edizione spagnola, riparte da un gradino sufficientemente alto e blasonato. E per questo non facile a gestire. La società che lo ha ingaggiato, da due anni di proprietà del magnate di Singapore Peter Lim che l’ha rilevata per 420 milioni, è calcisticamente per la storia la terza forza del pallone iberico dopo Real Madrid e Barcellona. Esattamente come lo è la città, la più popolosa e ricca dietro le due “capitali” di Castilla e di Catalogna. Un palmares composto da quindici titoli nazionali e da diciassette Coppe variamente assortite, un back ground di assoluto prestigio che consentì al Valencia di potersi sedere al tavolo del G 14 per sei anni consecutivi, dal 2002 al 2008, un bacino di umanità tifosa alle spalle capace di trasformare l’impianto del Mestalla in un autentico “inferno” per le squadre avversarie e infine una ritrovata energia finanziaria ed economica dopo vicissitudini tribolate che l’avevano portata sull’orlo del fallimento. Questa è la realtà oggettiva nella quale Cesare Prandelli si trova immerso da ieri sera al momento dell’annuncio ufficiale.
Un’eredità importante da lustrare, preservare e difendere. Quella che gli viene trasmessa anche da alcuni suoi predecessori, di grande fama, transitati dalla “città della paella” e dell’antifranchismo a suo temo granitico con alterne fortune. Da Rafa Benitez a Hiddink e Cuper, da Gary Neville a Raneri. Prandelli non potrà al momento contare, come accadde ad alcuni di loro, su giocatori del valore di Romario, Mario Kempes o Diaz (l’unica stella del Valencia attuale è Nani) ma possiede comunque un organico in grado di garantire e di garantirgli un campionato di assoluta dignità e persino costellato da sogni europei. Poi si vedrà, anche perché il nuovo tecnico ha già chiesto alla proprietà di poter fare buona spesa in Italia. A questo va aggiunto un elemento molto importante. Il Valencia, come le migliori società spagnole, ha cura particolare della sua “cantera” di giovani promesse. E la gestione di questo settore, ricordando i suoi trascorsi professionali specialmente a Verona, rappresenta la vera specialità di Cesare Prandelli, allenatore e gentiluomo. Ieri sera, alle nove e mezza, ho ricevuto un suo messaggio: “Amico mio, ho firmato!”. Gli ho risposto come fa, nel “Ciclone”, la voce di nonno Mario-Comencini a Levante-Pieraccioni quando alla fine del film il nipote gli comunica che andrà a vivere in Spagna: “Olè!”