Alla Roma di Fonseca è mancato... Villar! Arma in più o titolare?
Parlando di quel che è mancato alla Roma quest’anno, potremmo invero sbizzarrirci ruolo per ruolo, a partire ovviamente dal reparto d’attacco, che è sempre il più appariscente. Oppure dire che manca un terzino destro, che Florenzi non c’è più e Peres non basta. Preferisco però portare l’attenzione su un giocatore che non abbiamo fatto in tempo a conoscere, se non per tre misere presenze in campionato, di cui una soltanto, l’ultima, da titolare. È esagerato affermare che a questa Roma è mancato il ventiduenne Gonzalo Villar, il centrocampista arrivato a fine gennaio dall’Elche? Forse un po’ sì. Tuttavia, vorrei spiegarmi meglio.
UN’ARMA IN PIÙ O UN TITOLARE? – Certamente Villar è un profilo diversissimo nella batteria di interni della Roma. Non è un doppione di Cristante, non lo è di Diawara e nemmeno di Veretout. E questo basta a definirlo quantomeno un’arma in più. Ma da qui ad additarlo come un potenziale titolare in un futuro più o meno prossimo, ce ne passa, ovviamente. Eppure qualcosa mi spinge a farlo, a sbilanciarmi. Cosa, dunque? La partita di Cagliari. Quei 90 minuti giocati su uno dei campi più difficili della Serie A, contro una squadra forte, fisica e vogliosa di ritrovare i tre punti buttandosi alle spalle la crisi. Una prestazione sopra le righe da parte del ragazzo di Murcia? Da 6,5 massimo, non è quello. È che durante la partita è cresciuto, pallone dopo pallone, mostrando personalità, tocco e intelligenza tattico-tecnica. Stupisce come sappia alternare giocate rapide di prima a conduzioni spacca-linee di raffinata scelta. Da qualche parte ho letto che si ispira a De Jong del Barcellona. In qualche modo si vede.
Cosa aggiunge allora rispetto a un Veretout o a un Diawara? Considero la coppia Veretout-Diawara la più titolare fra le tante viste in stagione. Detto ciò, il gioco della Roma con questi due mediani, benché solido, risulta a tratti fin troppo squadrato e regolare. Il giovane spagnolo porta una gestione del pallone più varia e più fluida, più continua, meno spezzata, tutte caratteristiche che si sposano a meraviglia col gioco di Fonseca. In sostanza vede trame più fini. Sa ricamare in costruzione. È questo che dà la vera continuità nel palleggio, che è poi quel che serve al tecnico portoghese. Per ora dobbiamo accontentarci di un esempio.

Il Cagliari ha appena accorciato le distanze al 75’, siamo sul 2-3. La Roma deve battere una rimessa laterale e Kolarov attende il movimento dei compagni col pallone tra le mani. Cristante, l’altro interno della Roma, esegue un contromovimento e libera uno spazietto angusto per il compagno di reparto Villar. Ci vuole coraggio a mostrarsi e ricevere dentro questa gabbia, costituita da avversari esplosivi come il Ninja, Simeone e João Pedro… È un trappolone per ingenui.

Ma Villar è molto sicuro di sé, non ha di queste paure. Vuol sempre la palla, è un centrocampista spagnolo che non teme morse o strettoie. Gioca per attrarre pressione. Si fida del suo primo controllo.

Non avendo una struttura importante (tipo Veretout), protegge palla con la tecnica e con l’agilità, sterzando spesso (mossa abbastanza caratteristica) con l’esterno destro del piede, così da mandare a vuoto gli avversari. Un giocatore medio, al suo esordio da titolare e in questo preciso momento della gara, qui l’avrebbe restituita a Kolarov di prima.

Invece lui si gira e attrae G. Pereiro. Riesce a fare tre tocchi in un fazzoletto senza allungarsela. E manda a vuoto anche l’uruguaiano. Ma continua? Vuole saltare anche il Ninja?

No, non esagera, ma nemmeno gioca dietro. Estrae il fioretto e punge per Mkhitaryan, il quale, da gran giocatore qual è, cerca di prima e nello stretto il terzo uomo (Cristante), lasciato libero dall’uscita di G. Pereiro. Sono le micro-trame non codificate che mancavano in fase di costruzione alla Roma di Fonseca. Questo dovrebbe aggiungere Villar.
