AlissOlsen salva la Roma dalla goleada. DiFra non paghi le colpe di Monchi
L'idea da oltranzista dell'ottimismo sarebbe quella di tirare fuori quel poco di buono che s'è visto a Madrid. Vabbè, innanzitutto, AlissOlsen. Sì, sì, proprio lui, quello bollato come una “sola” (leggi: fregatura) al primo volo tra i pali. Ha tirato fuori una serie di paratone che ne hanno finalmente ritagliato la dimensione. È un ottimo portiere che sta vivendo il tipico dramma degli ottimi portieri, e cioè: se hai una difesa come quella lì intorno, per forza farai qualche figura da fesso. Sì, aveva avuto qualche incertezza, ma di fronte a palloni che di solito non arrivano dalle parti del portiere se hai difensori gagliardi attorno a te. Comunque.
Poi che altro c'è di buono? Le pezze messe qua e là da un De Rossi scintillante in fase difensiva. Un paio di buoni strappi dell'acerbo Under (sì, acerbo: colpi di tacco e paura di andare uno contro uno nel primo tempo, sintomi assai evidenti). E qui ci si ferma e inizia il dramma. Il dramma di una Roma costruita male e sfociata nel nulla cosmico visto a Madrid. È finita tre a zero, poteva finire cinque, sei, sette a zero e non basta cavarsela con il triste e scontato: “ma quello era il Real”, perché nella scorsa primavera “quello era il Barcellona” e “quello era il Liverpool”.
E parliamo del coraggio di far esordire Zaniolo mettendo il povero Nzonzi (che penserà: dove sono capitato?) nel ruolo di mezzala. Coraggio dell'allenatore? No, disperazione. Perché se sei costretto a mandare in campo un ragazzino e traslocare un virtuoso del ruolo di centrale come il campione del mondo vuol dire che sei nei guai seri. E soprattutto, vuol dire che chi ti ha costruito la squadra non ne ha azzeccate molte. Anzi, per ora nessuna se parliamo del centrocampo. Se poi questi siano errori di mercato marchiani o problemi temporanei (si spera, ma...) lo vedremo. Fatto sta, che dei celebratissimi acquisti degli ultimi due anni, ieri un paio erano in tribuna (Kluivert, Karsdorp), Santon, Marcano, Cristante, Schick, Pellegrini erano in panchina. Dei Monchi Boys solo Kolarov, peggiore in campo (con Fazio), l'acerbo Under, Nzonzi e Olsen, il migliore.
Schick soprattutto è diventato un caso. Ma certo non è colpa sua se qualcuno lo ha acquistato a peso d'oro senza studiarne il possibile sviluppo in una squadra che non lo prevede (e certo lui non sembra metterci la giusta cattiveria, va detto). E non può essere colpa di Di Francesco se gli vendono le fondamenta della squadra pensando di poterle sostituire con un pugno di costosissimi ragazzini e di qualche giocatore del quale si ricorda il passato scintillante, strapagato rispetto alle certezze che aveva regalato negli ultimi anni (Santon e Pastore). Il risultato di tutto ciò e la prestazione umiliante di Madrid, con le decine di tiri in porta degli spagnoli e la goleada evitata solo grazie a Olsen. Uscirne non è facile, ma non lo era neanche prima di Madrid, perché la squadra non si riconosce, ha paura di se stessa e si vede chiaramente. L'importante è che alla fine non paghi chi paga di solito, l'allenatore, ma si assuma le sue responsabilità chi ha venduto (i giocatori di Sabatini) e comprato al punto di far precipitare la Roma nel reparto rianimazione del pallone.