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    Costacurta: ‘Roma piu’da Champions che da campionato. Occhio all’Inter’

    Costacurta: ‘Roma piu’da Champions che da campionato. Occhio all’Inter’

    • L.C.
    Alessandro Costacurta, partiamo da un quadro clinico del calcio italiano. Malato curabile? «Sì, curabile.- ha risposto Costacurta al quotidiano Il Tirreno -  Perché finalmente è diventato un malato consapevole». Ovvero? «Ci siamo resi conto che il calcio è un’azienda e, come tutte le aziende, muoiono se spendi più di quello che incassi. È stata un’estate senza spese folli, forse ci stiamo davvero rialzando dopo aver toccato il fondo». Però siamo sempre meno competitivi a livello europeo. «È un dazio da pagare. L’importante è che adesso si riesca a far crescere i giovani italiani. Serve pazienza, dote che spesso è mancata ai nostri dirigenti». Già, i dirigenti. Intanto in giro per il mondo il calcio italiano è diventato quello di “Optì Pobà” e delle “banane”. «Di certo abbiamo messo ai vertici della Figc un personaggio che non sa comunicare. Comunque in vacanza ho incontrato diversi calciatori e dirigenti stranieri, non ne ho trovato uno che conosceva Tavecchio, come peraltro prima non conoscevano Abete. L’immagine del calcio italiano va cambiata partendo dal basso. E dimenticandoci del Mondiale del 2006». Il Mondiale del 2006? Che c’entra? «Il nostro calcio stava entrando in crisi ma quella vittoria gettò fumo negli occhi a tutti, in primis alla Federazione. Si fece spallucce dei tanti problemi, dall’alto di questo titolo mondiale che in realtà era stato conquistato non per merito del calcio italiano, ma per merito di un gruppo e di uno spogliatoio super. Fuori da quello spogliatoio, però, c’era già il buio che iniziava a calare». Calcio in tv a tutte le ore, bambini in giro con la maglia di Chelsea e Barcellona, senso di appartenenza sotto zero. Come la mettiamo? «Non abbiamo fenomeni e molti cercano il grande calcio guardando gli altri campionati. Mio figlio tifa per Cristiano Ronaldo, suo cugino per Messi. Forse è questione di cicli, poi torneranno i campioni italiani». Mario Balotelli se n’è andato. «Ho detto campioni». Già. «Balotelli non è un top-player. È un giocatore che può darti molto se la squadra gira bene, ma che si eclissa se le cose girano male. I campioni sono altro tipo di giocatori». Veniamo al campionato. Juventus sempre favorita? «Sì, perché ha giocatori abituati a vincere. Allegri ha trovato uno spogliatoio affamato, il suo inserimento è stato facile per questo. E farà bene. Sinceramente anche quest’anno non vedo un avversario in grado di impensierire la Juve». Neanche la Roma che ha preso Iturbe e ritroverà Strootman? «Secondo me la Roma è una squadra molto europea e finirà per giocarsela meglio in Champions invece che in campionato. Non mi sembra che possa cercare di vincere sia in Italia sia in Europa, per cui strada facendo dovrà fare una scelta. E io credo che punteranno sulla Champions». Napoli, Milan, Fiorentina e Inter: chi può inserirsi? «Nella lotta per lo scudetto, probabilmente nessuna. Però se proprio devo fare un nome, dico Inter». Perché? «Perché mi è piaciuto molto il suo mercato. Aveva bisogno di gente che facesse legna in mezzo al campo e gli innesti di Medel e M’Vila sono stati perfetti. Così come mi piace molto Vidic, un leader che mancava alla difesa di Mazzarri. Sicuramente l’Inter sul mercato si è mossa meglio rispetto alle altre». E la lotta per non retrocedere? «Cesena e Empoli sembrano le squadra un po’ meno attrezzate, non si sono rinforzate molto rispetto alla serie B. La squadra tra quelle di bassa fascia che si è mossa meglio è il Sassuolo: già aveva fatto un ottimo mercato a gennaio, adesso ha sistemato le cose. La mia è una valutazione a livello di organico, naturalmente, poi per salvarsi servono anche altre qualità». Cosa pensa del ritorno di Zeman, stavolta a Cagliari? «Non so se il suo calcio iper-offensivo sia l’ideale per una squadra che punta innanzitutto alla salvezza come il Cagliari, però di una cosa sono sicuro: a fine stagione Zeman ci avrà consegnato tre, quattro talenti, giocatori ora poco conosciuti che con lui esploderanno. È un maestro in questo». Erano tutti pazzi per il 3-5-2 e adesso... «Già, adesso molti stanno cambiando. Io però resto dell’idea che in questo momento il 3-5-2, o 5-3-2, sia quasi una necessità per la mancanza di difensori centrali forti. Gli allenatori ne mettono tre così cercano di limitare i danni. Se giochi a quattro, i tuoi centrali devono essere affidabili al 100%. L’unica eccezione è il Bayern Monaco che non ha due super difensori, però dispone di una barriera davanti alla difesa che non lascia passare uno spillo». Negli ultimi anni l’unico vero difensore centrale italiano è stato Barzagli. «Concordo in pieno. E al momento non vedo crescere qualcuno dietro». Ultima domanda sulla nazionale. I club di A volteranno ancora le spalle alla nazionale, o con Conte sarà un’altra storia? «Penso che sarà un’altra storia. Conte ha un potere che non aveva Prandelli e si è subito mosso per andare a cercare la collaborazione dei club. È stata la scelta migliore, l’uomo giusto al momento giusto per far rialzare la testa alla nostra Nazionale».

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