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Alessandra De Stefano: 'I veleni e l'imbarazzo per Varriale. Volevo cambiare la Rai, mi hanno fatto la guerra'
Si è dimessa dopo 18 mesi: il suo mandato scadeva nel 2024.
"Credo di essere la prima. Un motivo su tutti: la difficoltà ad accettare che qualcosa non si possa cambiare. In Rai se provi a fare una scelta diversa diventi subito un nemico. A me tentare piace, credo che ogni tanto non sia male percorrere un'altra strada. Può essere sbagliato o giusto, ma è un tentativo. Il problema è che ci sono colleghi che ancora ti dicono: ho fatto uno share. No, non hai fatto tu l'ascolto, ma l'evento cui hai partecipato. E se provi a cambiare un volto c'è chi si sente esiliato, tutti si avvertono fondamentali, la parola ricambio non esiste".
L'imbarazzo di dover reintegrare Enrico Varriale?
"Anche quello ha contato. Da donna non me la sentivo. Preciso: c'è un processo in corso per stalking e lesioni personali, una presunzione di innocenza per le accuse e una signora finita in ospedale. Varriale è stato sospeso, ma non da stipendio e benefit. Lui voleva tornare a condurre e si è rivolto a un giudice del Lavoro, è una questione delicata. Io, per la mia posizione, avrei dovuto rispondere del danno erariale. Sarei diventata il direttore donna che lo rimetteva in video, in attesa della sentenza del tribunale. Non era solo una mia sensazione personale, c'era disagio anche in azienda e tra chi avrebbe dovuto lavorare con lui".
È scesa in guerra sui social.
"Sono stata aggredita perché senza voce. Mi attacchi sulla salute? Mi insulti perché sto male? E io rispondo, mi difendo. Ero stanca e nervosa, ho fatto un tweet rabbioso che non ho cancellato. La verità? Avevo un blocco del diaframma causato dallo stress".
Voleva raccontare cosa c'è dietro lo sport.
"Ma nel calcio è improponibile. Con l'Italia assente ai mondali ancora più difficile, ma abbiamo fatto buoni ascolti anche senza materia prima. Ringrazio comunque la Rai per la scelta di tenere i diritti. Detto questo abbiamo un problema di formazione, ho provato a fidelizzare i telecronisti su vari sport, ma gli accessi agli atleti sono difficili, e se non li conosci e non hai passato del tempo con loro in maniera informale, non potrai mai dire quella cosa in più. Un conto è acquisire informazioni, un altro è averle vissute. Mancano anche i maestri, Paolo Frajese di un mio servizio disse: buono perché ho tolto l'audio e dalle immagini ho capito lo stesso di cosa si trattasse. Dove trovi più uno che perda tempo con te?".
La Ds non apre più con il campionato di calcio, di cui non ha più i diritti.
"Una scelta diversa, si chiama Domenica Sportiva. Abbiamo aperto con pallavolo, nuoto, ciclismo, atletica, basket, ginnastica, con grandi avvenimenti. E ad aiutarci negli approfondimenti Lia Capizzi, la miglior giornalista dei vari. Credo in una tv autoriale, ma la domenica c'è molta attualità, bisogna fare connessioni in fretta, creare una narrazione, ci vogliono autori bravi che però vanno pagati e magari cinque anni di tempo per una nuova mentalità. Abbiamo provato a destrutturare il calcio".
Forse il calcio non voleva.
"Quando per la Nazionale ho proposto lo studio virtuale, già usato nel ciclismo, con la realtà aumentata, la federazione ha fatto opposizione. Ho insistito e si sono convinti, non sarà il metaverso, ma è un'innovazione. Ogni volta una battaglia: tutte le sigle sindacali tra Roma e Milano mi hanno dichiarato guerra perché il virtuale taglia l'occupazione. E un politico ha protestato perché la sua presenza alla partita non era stata citata".