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Al via l'esperimento inglese della settimana lavorativa corta. I dati inchiodano il sistema Italia
Al via proprio questa settimana, anche nel Regno Unito, un esperimento della durata di 6 mesi, riguardante la diminuzione delle ore lavorative settimanali, che consentirà a 3300 dipendenti di svolgere la propria attività su un arco di 4 giorni, a parità di stipendio ma con l’impegno di mantenere gli stessi livelli di produttività. Il progetto a livello mondiale nasce dalla campagna “4 Day Week Global”, una comunità senza scopo di lucro fondata da Andrew Barnes e Charlotte Lockhart, alla base della quale vi è una particolare attenzione alla qualità della vita dei lavoratori, alla produttività delle aziende e all’uguaglianza di genere. Nel Regno Unito l’iniziativa coinvolge per il momento 70 aziende che hanno volontariamente aderito ma la curiosità di tante altre farà probabilmente crescere questo dato in tempi brevi. Tra le aziende britanniche che hanno scommesso spiccano nomi come WANdisco, Atom, Rivelin Robotics e Eurowagens. Si parla di test analoghi nei prossimi mesi anche in Spagna e Scozia.
Dai dati rilevati dal sociologo del lavoro Domenico De Masi si delineano chiare differenze sullo status dei lavoratori in Italia, Francia e Germania. Se in Italia si lavora in media 1723 ore l’anno con un pil pro capite di circa 35.865 euro ed una disoccupazione che raggiunge il 9%, in Germania si lavora 1356 ore l’anno, con un pil pro capite che ammonta a 48.000 euro ed una disoccupazione del solo 3,8%. Questi dati a confronto, a dir poco allarmanti, dovrebbero farci riflettere. Nel nostro Paese c’è assoluto bisogno, senza dubbio, di qualche cambiamento a livello lavorativo, sia organizzativo che gestionale, che ci permetta di non rimanere ancorati ad un sistema forse sull’orlo del declino e riesca a farci risalire la china ancora tortuosa e piena di ostacoli. Non dimentichiamoci però, che si tratta pur sempre di un esperimento ed in quanto tale il risultato finale non può essere scontato anche se le premesse fino ad ora sembrano ottimali.
Ciò che è certo è che se nel ventesimo secolo la settimana lavorativa impostata su cinque giorni era il punto di partenza per il benessere del lavoratore e per il business aziendale, oggi la soluzione migliore sembra essere diversa.
Dai dati rilevati dal sociologo del lavoro Domenico De Masi si delineano chiare differenze sullo status dei lavoratori in Italia, Francia e Germania. Se in Italia si lavora in media 1723 ore l’anno con un pil pro capite di circa 35.865 euro ed una disoccupazione che raggiunge il 9%, in Germania si lavora 1356 ore l’anno, con un pil pro capite che ammonta a 48.000 euro ed una disoccupazione del solo 3,8%. Questi dati a confronto, a dir poco allarmanti, dovrebbero farci riflettere. Nel nostro Paese c’è assoluto bisogno, senza dubbio, di qualche cambiamento a livello lavorativo, sia organizzativo che gestionale, che ci permetta di non rimanere ancorati ad un sistema forse sull’orlo del declino e riesca a farci risalire la china ancora tortuosa e piena di ostacoli. Non dimentichiamoci però, che si tratta pur sempre di un esperimento ed in quanto tale il risultato finale non può essere scontato anche se le premesse fino ad ora sembrano ottimali.
Ciò che è certo è che se nel ventesimo secolo la settimana lavorativa impostata su cinque giorni era il punto di partenza per il benessere del lavoratore e per il business aziendale, oggi la soluzione migliore sembra essere diversa.