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    Agnelli: 'Da tifoso Pogba non si cede. Juve non in vendita. L'idolo? Montero'

    Agnelli: 'Da tifoso Pogba non si cede. Juve non in vendita. L'idolo? Montero'

    Il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, si è concesso ai microfoni di Sky Sport parlando a tutto tondo di Juventus, Torino e sport italiano. Un botta e rispsota che prevedrà risposte da parte del presidente bianconero non superiori ai 90 secondi.

    SUL RAPPORTO CON LA CITTA' DI TORINO - Io sono profondamente legato alla città di Torino, abbiamo fatto grandi investimenti sul territorio e il mio rapporto, quello della Juventus e il gruppo che rappresento sarà ancora mirato a collaborare con le istituzioni della città.

    ALLARGARSI IN NUOVI CLUB? Sono possibilità che possono essere valutate per essere competitivi. Purtroppo non c'è uniformità, in alcuni paesi c'è la possibilità di portare a termine operazioni in tempi e modi differenti. Sicuramente comprare un club all'estero è una possibilità che stiamo valutando, ma non all'ordine del giorno".

    RAPPORTO CON ALLEGRI - "Vivo le partite con passione, due ore prima e un'ora dopo nessuno può parlarmi. Finita la partita, però, devo smettere i panni del tifoso e ricominciare a pensare da dirigente. Il rapporto con Allegri è ottimo, ma lo era anche con Conte perchè fin da bambino ho potuto vivere lo spogliatoio e so cosa comporta gestirlo. Abbiamo comunque dei dirigenti come Marotta, Nedved e Paratici che stanno a stretto contatto con la squadra e loro sono dei grandi provessionisti che ho sempre lasciato lavorare con calma e fiducia".

    SERIE A COMPETITIVIA - "Credo sia normale che la volontà di ogni proprietà sia di vincere. Chi sta alla Juventus deve pensare solo a vincere che sia un campionato valido o non valido lo lascio dire ai giornalisti. Il sesto scudetto? Guardando gli altri campionati credo sia normale il predominio. In Germania c'è il Bayern, in Francia il PSG, in Spagna il duopolio Real-Atletico. Non è questo che conta per noi. Per noi l'importante è vincere".

    JUVENTUS GLOBALE - "Rispetto agli anni '90 le società sono enormemente cambiate. Oggi la dimensione della Juventus è globale, è un'azienda vera e propria che sta crescendo in fatturato, numero di dipendenti, brand e ha acquisito un valore stabile sia amministrativo che finanziario. Avere un uomo di fiducia della famiglia nel ruolo di manager aiuta il coinvolgimento, ma oggi la Juventus è molto di più. Abbiamo iniziato la stagione con un trofeo e l'abbiamo finita con un altro trofeo: questa è la cosa più bella fatta quest'anno dalla Juve".
    I SOLDI DEGLI AGNELLI - "Marchionne è una persona con cui mi piace dialogare, ma l'amministratore delegato di Exor è mio cugino John Elkann. L'avere il privilegio di poter dialogare con lui mensilmente mi arricchisce. Detto questo, chiunque gestisce un'azienda deve sapere che la crescita deve essere organica. La richiesta di un aumento di capitale ogni 3 anni significherebbe gestire male una società. Il rapporto della Juventus con Exor è ottimo e sano, ma la Juventus non ha bisogno di investimenti continui. La Juventus ha compiuto un'operazione di turn-around impressionante negli ultimi 6 anni. Abbiamo dimezzato di anno in anno il debito pregresso e la società attuale è ben attrezzata per reggere l'urto dei prossimi 3 anni nel mondo del calcio in Europa e in Italia.

    OBIETTIVI FUTURI - "Dobbiamo porci obiettivi raggiungibili, senza perdere terreno dalle grandi realtà europee. Poi bisognerà analizzare come sarà cambiato il calcio europeo e capire in quale arena sarà più importante competere".

    IL FUTURO DELLA SERIE A - "Abbiamo avuto nel 2006 un momento di fortissima discontinuità e da quel momento in avanti il calcio italiano ha perso di appeal. Sono stati persi treni fondamentali a livello globale. Basti pensare al Barcellona o al Bayern Monaco come attirano fondi a livello locale e internazionale. Pensare di poter emulare ciò che accade in Germania, Inghilterra e Spagna solo perchè lì furono fatte leggi ad hoc, non basta. Possono aiutare, ma la via italiana per tornare grandi è iniziare a dare una linea direttiva e capire, come lega calcio, cosa si vuole fare nell'immediato futuro. Dobbiamo provare a fare come la Spagna che ha "protetto" le proprie squadre.

    MANCANO I CAMPIONI - "Quando si vende il prodotto all'estero della tattica e della tecnica non gliene frega niente, vogliono vedere i gol, le rovesciate alla Holly e Benji, ma per farlo servono risorse e campioni. Se vogliamo appiattire il livello e proteggere tutti, allora non ci lamentiamo e non vendiamo fumo ai tifosi parlando di Champions League, Mondiali etc. etc.". 

    POGBA - "Pogba? Da tifoso dico che non si vende. Da manager dico che dovete chiedere a Marotta perchè del mercato si occupa lui".

    ITALIA BIANCONERA - "E' fondamentale avere una base di 7-8-9 giocatori italiani nella nostra squadra. Sono quei giocatori che percepiscono lla temperatura dell'ambiente, che necessariamente non possono uscire di casa senza sentire la reazione dei tifosi. Al di là dell'identità e della cultura, sono coloro che percepiscono il termometro della socialità. Per esempio la posizione tragica ad inizio stagione è stata percepita al 100% dallo spogliatoio, difficilmente sarebbe andata così senza quella base. Probabilmente avrebbero continuato ad andare in discoteca".

    JUVE PIU' FORTE DEGLI ULTIMI ANNI - "Per completezza della rosa, la Juve di oggi è la più forte e completa degli ultimi anni. Il rodaggio di inizio stagione era normale, non pensavamo durasse così tanto. Il risultato finale è quello che ci aspettavamo.

    SUPERLEGA E PROPRIETA' ESTERE - "Il mio auspicio è avere una Serie A che sia un nuovo punto di riferimento. In Europa c'è da capire cosa accadrà. Avere in Champions un group stage con risultati scontati piace? Oppure si vuole modificare il format? Sulle proprietà straniere, il fatto che credano nell'Italia è qualcosa di positivo, i capitali devono essere più che benvenuti a questo punto. Per quel che ci riguarda io mi trovo in linea con gli azionisti come Saputo del Bologna e Pallotta alla Roma. Noi continueremo a lavorare su brand e obiettivi. Abbiamo il 63% della Juventus e non è in vendita".

    MOMENTO DIFFICILE? L'ASSENZA DI CONTE - "Il momento più difficile? Giocare sei mesi senza allenatore perchè Conte è stato squalificato a lungo. Oggi, dopo 5 anni la gente si è dimenticata, ma quel periodo fu difficilissimo. Io ho sempre difeso Antonio fin dal momento della scelta".

    SUGLI STAGE E IL NO A BONUCCI - "Bonucci? Non era in vacanza, era coi compagni di squadra e si allenava. Preparare una partita con gli attaccanti che si allenano contro Bonucci è diverso rispetto a farli allenare con un ragazzo della Primavera. Inoltre Bonucci è un uomo spogliatoio importante per noi. Farlo andare via per fare solo dei test fisici mi sembra una follia. Così come il discorso stage durante l'anno in generale".

    LO STILE JUVENTUS - "Se esiste ancora lo "stile Juventus"? Sinceramente ogni volta che sento parlare di "stile Juventus" non capisco. A cosa si riferisce? A un modo di vestirsi? A una capigliatura? Lo "stile Juve" è vincere, perciò sì, lo "stile Juve" esiste ancora".

    SU TAVECCHIO -
    "Tavecchio ha introdotto il Financial Fair Play Italiano, ma è un sistema che penalizza le eccellenze ed è adatto alla stragrande maggioranza dei club, direi che è stata una norma da "Lega Pro". L'inserimento dei giocatori cresciuti nei vivai all'interno delle rose è giusto, ma non è stato dato il tempo di adeguarsi alle squadre perchè il concetto di "continuatività" della formazione interna penalizza chiunque dato che la Primavera non è competitiva e i giocatori devono andare in prestito interrompendo, però, il concetto di continuatività. Di fatto mancano in Italia le seconde squadre che permetterebbero ai club più grandi di superare questo problema. Di positivo sono stati fatti solo i centri di formazione federale". 

    COMPETERE IN EUROPA - "Per noi, per le società italiane, competere a livello internazionale è più difficile, non solo esclusivamente per un principio di fatturato, ma è proprio sui modelli che abbiamo e, quindi, sulla visione che abbiamo di poter programmare nel medio-lungo periodo, anno su anno. Barcellona e Chelsea, ad esempio, hanno sfruttato magnificamente gli ultimi 10-15 anni, che sono quelli che con un semplice clic ti hanno permesso di essere in tutte le case mondo. Dobbiamo lavorare su questo. In questo momento, vedo enormi margini di miglioramento, sia a livello di gestione della Lega che a livello delle Federazione, ma anche a livello europeo. Cioè, più cresce il calcio, più cresce la Juventus".
     
    SUDDITANZA ARBITRALE - "Arbitri sudditi della Juventus? I cliché uno non li cambierà più. Se poi uno parla con i miei della parte sportiva, è tutto stravolto. Fa parte della tradizione. Non mi scoccia e non mi da fastidio. Fa parte di quelli che sono i nickname o i soprannomi. Lo stesso valeva per il Milan dove ha giocato Costacurta. Si diceva la stessa cosa. Se sento quello che diciamo nel nostro spogliatoio, sembra che sia sempre tutto contro di noi. Semplicemente, se uno passa il 90% del tempo nell’area avversaria, probabilmente prende più rigori di chi ci sta il 10%".

    ANCORA SU POGBA - "Siamo sulla teoria e non c'è dialogo. Cosa è Pogba, lo dimostra come lo usa l'Adidas. Dybala era Pogba 2-3 anni fa, ora i bambini guardano lui. Anche Adidas crede nelle sue capacità, vuole diventare un personaggio superiore anche a Messi e Cristiano Ronaldo. Noi lavoriamo con chi c'è per l'immagine. Nei mercati più lontani, hai bisogno del supereroe per essere vicino al marchio. Nessuno conosceva Dybala, dovevi creare il supereroe. Pogba è l'unico che abbiamo oggi. Poi entrano dinamiche di mercato che possono essere legate alla valutazione che consideri in base al tuo conto. Poi c'è la volontà dei giocatori, al di là dei contratti. Se vuoi andare, vuoi andare. Una trattativa non dura tre mesi. C'è un'opportunità, la cogli o non la cogli. Sono finestre di sette, otto ore. Parte un giocatore, cerchi un campione...".
     
    IL PREFERITO? "Montero. Numero uno Montero".

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