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    Agnelli è il numero uno dei presidenti del calcio italiano: ecco perché

    Agnelli è il numero uno dei presidenti del calcio italiano: ecco perché

    • Luca Borioni
    L’uomo ha modi ruvidi, che poco concedono al lato romantico del calcio. Ma le idee sono lucide e adeguate al contesto. I risultati dimostrano che Andrea Agnelli è il numero uno tra i presidenti del calcio italiano.

    Non si tratta di farne una questione di campanile. Non è che Agnelli si faccia preferire solo perché guida la società con il maggior numero di tifosi, oltre che di titoli nazionali. Il punto è che nessuno come lui può vantare una conoscenza tanto approfondita della materia calcistica. È vero, ci sono i Pozzo che in fatto di capacità gestionali e lungimiranza non possono essere considerati secondi a nessuno e che a Udine hanno saputo creare un modello da imitare. C’è anche l’Empoli dei Corsi che non sbaglia un colpo sul mercato e pur nella sua piccola dimensione non teme nessun confronto, tiene testa alle grandi anno dopo anno. C’è inoltre il Sassuolo di Squinzi, modello emergente di organizzazione e competenza. C’è persino, nonostante tutto, il Berlusconi un tempo all’avanguardia e rivoluzionario (parliamo di calcio ovviamente), creatore di un Milan vincente ed epocale. E c’è anche il Napoli dell’ambizioso De Laurentiis, più saggio ed equilibrato di quanto l’immagine a volte caciarona e colorita non lasci intuire.

    Nessuno, tra questi presidenti, ha avuto però il privilegio che invece è spettato ad Andrea Agnelli, la possibilità come ha detto lui stesso parlandone diffusamente a Sky – di crescere praticamente a bordo campo, di passare gran parte dell’infanzia, dell’adolescenza e poi della giovinezza, negli spogliatoi bianconeri. Di vivere a contatto con la squadra del cuore e di famiglia, conoscendo negli anni campioni e allenatori, confrontandone stili e caratteri. Affinando la capacità di discernere il vincente da ciò e da chi non lo è.

    Ecco l’essenza di tutto. Andrea Agnelli è stato allevato a vittorie, targate Juventus. Una scuola esclusiva e quanto mai efficace. Non solo, è stato a sua volta il figlio di uno dei più importanti presidenti del calcio italiano nonché presidente della federazione (Umberto). Ed è stato anche nipote di un altro dei più competenti e brillanti tra i dirigenti sportivi e, ancora, tra i presidenti (Gianni). L’imprimatur più evidente è però da ricondurre agli anni ruggenti (e ringhianti) trascorsi nell’ombra di Moggi, Giraudo e Bettega, la Triade che storicamente rimarrà legata a calciopoli ma che ha anche introdotto una nuova era manageriale nel calcio, ispirata al Milan dei bei tempi e alle prime vere big d’Europa, come il Manchester United.

    Oggi di fatto la Juve è così, una squadra all’avanguardia sotto il profilo imprenditoriale, capace di competere anche in campo internazionale, se ancora non sul piano dei trofei quanto meno su quello delle iniziative di crescita digitale, ovvero della visibilità social e mediatica, il nuovo orizzonte mondiale.

    Agnelli è l’artefice di questa svolta, da sei anni a questa parte. E questo - piaccia o no il personaggio, si apprezzino o meno i suoi modi drastici nell'approccio con personaggi cari ai tifosi come Del Piero o Conte, ma pure come lo stesso Allegri del periodo critico di inizio stagione - è un merito che gli va riconosciuto. Dati alla mano.

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