
Alle origini di Zaniolo, dal campo di Buffon alle sliding doors: 'Era già un leader, gli altri lo seguivano' FOTO
Toscano di nascita, ligure di crescita, romano di fama. Nicolò Zaniolo è nato a Massa, ma solo perché lì operavano i dottori migliori. La sua vita si è svolta a La Spezia, prima del grande salto verso Firenze. Porte in faccia e cambiamenti hanno catalizzato l'ascesa del calciatore della Roma, arrivato quasi per caso a calcare i campi della Serie A.
UN (P)ASSO IN PIÙ - I primi passi calcistici sono riconducibili allo Spezia, anche se la vera infanzia dietro a un pallone è legata fortemente alla Scuola Calcio Canaletto Sepor. Il campo sportivo 'Astorre Tanca' è immerso nel tessuto urbano spezzino, costeggiato dalla ferrovia che cinge a nord i confini cittadini. Nella segreteria della società, su una bacheca, è appesa una foto nella quale Nicolò alza al cielo un trofeo con i Pulcini nel 2009. «Aveva qualità sopra la media», risponde il responsabile Riccardo Torri, che cede la parola all'allenatore che seguì Zaniolo quell'anno: «Facile ricordarsi di un bambino così - scherza Claudio Biagetti - perché era tutto mancino e con una fame da vendere».
GLI AMICI DI SEMPRE - Biagetti racconta di seguire ancora quei ragazzi che, dal Canaletto, si sono mossi per diventare calciatori. Li incontra, a volte, al circolo di Valdellora: Zaniolo, Ranieri, Caso, Moracchioli e Maggiore, fiori all'occhiello del vivaio gialloblu. Il Canaletto non è una scuola calcio qualsiasi: tra gli altri, qui ha iniziato Gianluigi Buffon, tramutato da attaccante in portiere. «Sono andato a vedermi le partite tra Nicolò e Luca (Ranieri, ndr) anche a Milano e Firenze», ammette l'allenatore, metalmeccanico nella vita quotidiana. L'amicizia tra i due ragazzi è forte, corroborata dopo aver diviso lo spogliatoio nella Fiorentina: «Si vedeva che aveva qualità e quando la Fiorentina lo mandò via, lui invece di abbattersi si rimboccò le maniche e iniziò a lavorare sodo». «Io e Nicolò ci conosciamo da una vita, da quando abbiamo quattro anni - ci risponde Ranieri, attualmente in prestito dalla Viola al Foggia, in B - e successivamente ci siamo incontrati anche alle medie, eravamo in classe insieme e lì il nostro rapporto si è fortificato». Dentro e fuori dal campo, dunque: «È una persona molto gentile e generosa, quando passo del tempo con lui non riesco a stare due minuti senza ridere, perché solamente quando parla ti fa ridere». Prima, però, per Nicolò c'è la chiamata del Genoa. Anche se il vero spostamento arriva a quasi undici anni, quando parte verso Firenze: Baggio, Masitto e Cioffi sono alcuni dei tecnici che incontra in Toscana.
VIOLA DI RIMPIANTI - Dall'altra parte della cornetta c'è proprio Claudio Masitto. «Era già un giocatore importante, doveva solo essere costruito: le sue doti erano delineate, viaggiava con due tempi di gioco in più rispetto agli altri». Il tecnico lo ha allenato negli Allievi Regionali, cercando di plasmarlo dal punto di vista mentale: «Sul campo era sufficiente, gli mancava la cultura del lavoro, faceva i tunnel ma non rincorreva l'avversario». Masitto si tiene stretto un aneddoto: «Mi accorsi delle sue qualità, però non mi bastavano. Nelle prime cinque partite lo tenni sempre in panchina, non disputò neanche un minuto». Fuori dagli impianti della Fiorentina c'è un piccolo piazzale, attiguo alla tribuna: lì Masitto incontra Igor Zaniolo. «Presi da parte il padre e gli dissi 'non preoccuparti, deve capire e fino a che non cresce...'». La risposta fu pronta: «Lo so... Nicolò parla bene di te anche se non gioca». «Inutile dirvi che dalla sesta giornata non uscì più dal campo. Avete notato che alla Roma esulta da vero affamato?». Nell'estate del 2016, nella dirigenza gigliata è da poco tornato a operare Pantaleo Corvino. Il direttore generale, insieme al capo del vivaio Vincenzo Vergine, guida uno dei settori giovanili più prolifici d'Italia. Dove però non c'è spazio per Zaniolo: «Ci sono stato male perché mi avevano mandato via dopo sette anni, ho sofferto anche nelle settimane successive», ci confidò Nicolò.
IL RILANCIO - Il calciomercato estivo del 2016 sta volgendo al termine. A poche ore dal gong finale, la Fiorentina comunica un inaspettato divorzio alla famiglia Zaniolo. Il responsabile del settore giovanile della Virtus Entella, Manuel Montali, riceve una telefonata. «Era Gianluca Coti, all'epoca agente di Nicolò», ci racconta con l'aria di chi, quei giorni, ce li ha impressi: «Eravamo al completo, non avevamo bisogno di inserire un'altra pedina». Montali però conosceva già il padre Igor e non si era dimenticato delle giocate del figlio in Entella-Fiorentina: «Feci qualche riflessione, il ragazzo abitava in zona e non sarebbe stato un convittore, inoltre le sue qualità erano indubbie, così decisi di crederci. Se devo trovare un nostro merito, questo fu la rapidità». L'impatto non fu devastante, il ragazzo era silenzioso. Prima del decollo: «Titolare con Palermo e Bologna, mi chiamarono dalla Nazionale per dirmi che lo avrebbero convocato. Poi arrivò la Prima Squadra, a fine anno c'erano tante squadre, dal Sassuolo alla Juventus, ma la spuntò l'Inter».
LA CHIAMATA - Zaniolo arriva a Milano nell'ambito di un'operazione che, complessivamente, avrebbe potuto portare nelle casse liguri un totale di 3,5 milioni di euro. «Mi trovai tra le mani un giocatore già pronto, l'annata all'Entella lo aveva fatto conoscere», ci rivela il suo allenatore nella Primavera nerazzurra, Stefano Vecchi, che con Nicolò vincerà uno Scudetto, in finale contro la Fiorentina. «Affrontò quelle partite senza voglia di rivalsa, bensì con l'emozione di affrontare i vecchi amici», anche perché nello spogliatoio «era un leader, gli altri lo seguivano». Trentacinque presenze, quattordici gol e undici assist sono il bigliettino da visita al termine della stagione: «Era cresciuto fisicamente, a volte dovevamo motivarlo dal punto di vista mentale, ma era forte». In estate, il Direttore Sportivo della Roma, Monchi, tratta la cessione ai nerazzurri di Radja Nainggolan e, nell'affare, pretende che venga inserito il classe '99. Uno scambio che fa comodo a tutti.
LO STUPORE - Accasatosi insieme alla madre Francesca in zona Eur, insegue tra le strade romane il sogno di diventare come l'idolo Kakà. Il padre Igor lo segue da La Spezia, dov'è rimasto ad abitare con la sorella Benedetta e gestisce un locale, il Bar Costa, in Viale Italia, sul lungomare ligure. Gli ultimi mesi sono stati intensi, pieni di emozioni, a partire da quella sera in cui Di Francesco lo fece esordire da titolare al 'Bernabeu': stupore, mai quanto alla chiamata di Mancini in Nazionale. «Mi sento sorpreso, ma anche emozionato», disse ai nostri microfoni Zaniolo appena arrivato nel ritiro di Coverciano. Una gioia condivisa con tutti: «Family», se l'è tatuato. E tra i passaggi in macchina della madre - Nicolò non ha ancora la patente - e le piccole discussioni con il padre - che vorrebbe veder terminato il percorso scolastico - la vita romana vede puntati i riflettori. Ma nella Capitale sta bene e non ha nessuna voglia di cambiare.
UN (P)ASSO IN PIÙ - I primi passi calcistici sono riconducibili allo Spezia, anche se la vera infanzia dietro a un pallone è legata fortemente alla Scuola Calcio Canaletto Sepor. Il campo sportivo 'Astorre Tanca' è immerso nel tessuto urbano spezzino, costeggiato dalla ferrovia che cinge a nord i confini cittadini. Nella segreteria della società, su una bacheca, è appesa una foto nella quale Nicolò alza al cielo un trofeo con i Pulcini nel 2009. «Aveva qualità sopra la media», risponde il responsabile Riccardo Torri, che cede la parola all'allenatore che seguì Zaniolo quell'anno: «Facile ricordarsi di un bambino così - scherza Claudio Biagetti - perché era tutto mancino e con una fame da vendere».
GLI AMICI DI SEMPRE - Biagetti racconta di seguire ancora quei ragazzi che, dal Canaletto, si sono mossi per diventare calciatori. Li incontra, a volte, al circolo di Valdellora: Zaniolo, Ranieri, Caso, Moracchioli e Maggiore, fiori all'occhiello del vivaio gialloblu. Il Canaletto non è una scuola calcio qualsiasi: tra gli altri, qui ha iniziato Gianluigi Buffon, tramutato da attaccante in portiere. «Sono andato a vedermi le partite tra Nicolò e Luca (Ranieri, ndr) anche a Milano e Firenze», ammette l'allenatore, metalmeccanico nella vita quotidiana. L'amicizia tra i due ragazzi è forte, corroborata dopo aver diviso lo spogliatoio nella Fiorentina: «Si vedeva che aveva qualità e quando la Fiorentina lo mandò via, lui invece di abbattersi si rimboccò le maniche e iniziò a lavorare sodo». «Io e Nicolò ci conosciamo da una vita, da quando abbiamo quattro anni - ci risponde Ranieri, attualmente in prestito dalla Viola al Foggia, in B - e successivamente ci siamo incontrati anche alle medie, eravamo in classe insieme e lì il nostro rapporto si è fortificato». Dentro e fuori dal campo, dunque: «È una persona molto gentile e generosa, quando passo del tempo con lui non riesco a stare due minuti senza ridere, perché solamente quando parla ti fa ridere». Prima, però, per Nicolò c'è la chiamata del Genoa. Anche se il vero spostamento arriva a quasi undici anni, quando parte verso Firenze: Baggio, Masitto e Cioffi sono alcuni dei tecnici che incontra in Toscana.
VIOLA DI RIMPIANTI - Dall'altra parte della cornetta c'è proprio Claudio Masitto. «Era già un giocatore importante, doveva solo essere costruito: le sue doti erano delineate, viaggiava con due tempi di gioco in più rispetto agli altri». Il tecnico lo ha allenato negli Allievi Regionali, cercando di plasmarlo dal punto di vista mentale: «Sul campo era sufficiente, gli mancava la cultura del lavoro, faceva i tunnel ma non rincorreva l'avversario». Masitto si tiene stretto un aneddoto: «Mi accorsi delle sue qualità, però non mi bastavano. Nelle prime cinque partite lo tenni sempre in panchina, non disputò neanche un minuto». Fuori dagli impianti della Fiorentina c'è un piccolo piazzale, attiguo alla tribuna: lì Masitto incontra Igor Zaniolo. «Presi da parte il padre e gli dissi 'non preoccuparti, deve capire e fino a che non cresce...'». La risposta fu pronta: «Lo so... Nicolò parla bene di te anche se non gioca». «Inutile dirvi che dalla sesta giornata non uscì più dal campo. Avete notato che alla Roma esulta da vero affamato?». Nell'estate del 2016, nella dirigenza gigliata è da poco tornato a operare Pantaleo Corvino. Il direttore generale, insieme al capo del vivaio Vincenzo Vergine, guida uno dei settori giovanili più prolifici d'Italia. Dove però non c'è spazio per Zaniolo: «Ci sono stato male perché mi avevano mandato via dopo sette anni, ho sofferto anche nelle settimane successive», ci confidò Nicolò.
IL RILANCIO - Il calciomercato estivo del 2016 sta volgendo al termine. A poche ore dal gong finale, la Fiorentina comunica un inaspettato divorzio alla famiglia Zaniolo. Il responsabile del settore giovanile della Virtus Entella, Manuel Montali, riceve una telefonata. «Era Gianluca Coti, all'epoca agente di Nicolò», ci racconta con l'aria di chi, quei giorni, ce li ha impressi: «Eravamo al completo, non avevamo bisogno di inserire un'altra pedina». Montali però conosceva già il padre Igor e non si era dimenticato delle giocate del figlio in Entella-Fiorentina: «Feci qualche riflessione, il ragazzo abitava in zona e non sarebbe stato un convittore, inoltre le sue qualità erano indubbie, così decisi di crederci. Se devo trovare un nostro merito, questo fu la rapidità». L'impatto non fu devastante, il ragazzo era silenzioso. Prima del decollo: «Titolare con Palermo e Bologna, mi chiamarono dalla Nazionale per dirmi che lo avrebbero convocato. Poi arrivò la Prima Squadra, a fine anno c'erano tante squadre, dal Sassuolo alla Juventus, ma la spuntò l'Inter».
LA CHIAMATA - Zaniolo arriva a Milano nell'ambito di un'operazione che, complessivamente, avrebbe potuto portare nelle casse liguri un totale di 3,5 milioni di euro. «Mi trovai tra le mani un giocatore già pronto, l'annata all'Entella lo aveva fatto conoscere», ci rivela il suo allenatore nella Primavera nerazzurra, Stefano Vecchi, che con Nicolò vincerà uno Scudetto, in finale contro la Fiorentina. «Affrontò quelle partite senza voglia di rivalsa, bensì con l'emozione di affrontare i vecchi amici», anche perché nello spogliatoio «era un leader, gli altri lo seguivano». Trentacinque presenze, quattordici gol e undici assist sono il bigliettino da visita al termine della stagione: «Era cresciuto fisicamente, a volte dovevamo motivarlo dal punto di vista mentale, ma era forte». In estate, il Direttore Sportivo della Roma, Monchi, tratta la cessione ai nerazzurri di Radja Nainggolan e, nell'affare, pretende che venga inserito il classe '99. Uno scambio che fa comodo a tutti.
LO STUPORE - Accasatosi insieme alla madre Francesca in zona Eur, insegue tra le strade romane il sogno di diventare come l'idolo Kakà. Il padre Igor lo segue da La Spezia, dov'è rimasto ad abitare con la sorella Benedetta e gestisce un locale, il Bar Costa, in Viale Italia, sul lungomare ligure. Gli ultimi mesi sono stati intensi, pieni di emozioni, a partire da quella sera in cui Di Francesco lo fece esordire da titolare al 'Bernabeu': stupore, mai quanto alla chiamata di Mancini in Nazionale. «Mi sento sorpreso, ma anche emozionato», disse ai nostri microfoni Zaniolo appena arrivato nel ritiro di Coverciano. Una gioia condivisa con tutti: «Family», se l'è tatuato. E tra i passaggi in macchina della madre - Nicolò non ha ancora la patente - e le piccole discussioni con il padre - che vorrebbe veder terminato il percorso scolastico - la vita romana vede puntati i riflettori. Ma nella Capitale sta bene e non ha nessuna voglia di cambiare.



