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    Addio Idris, il più amato dei tifosi estremi: la 'tua' Juve, Sivori e le nostre risate intorno al pallone

    Addio Idris, il più amato dei tifosi estremi: la 'tua' Juve, Sivori e le nostre risate intorno al pallone

    • Furio Zara
      Furio Zara
    Prima che il calcio diventasse un circo, il circo lo facevano loro. E di tutti loro Idris era il più conosciuto, il più lungimirante nel personificare la figura del tifoso estremo, il più bravo nell’intercettare lo spirito di quel tempo dove si poteva ancora scherzare intorno al pallone.

    Se n’è andato Edrissa Sanneh, che tutti ricordiamo come Idris. Aveva settantadue anni ed è stato protagonista della lunga e fortunata stagione di “Quelli che il calcio”, la storica trasmissione ideata da Angelo Guglielmi, Fabio Fazio e Marino Bartoletti che trent’anni e passa anni fa ci dimostrò che i gol non sono tutto, ma proprio no. Il divertimento erano le chiacchiere, era vedere le facce di chi vedeva le partite, era - per l’appunto - lo show costruito sul nulla, perché in tivù allora si procedeva ancora con la modica quantità, c’erano le messe cantate - 90° Minuto, La Domenica Sportiva - e poi stop, nessuno vedeva le partite in diretta, se non chi andava allo stadio o chi aveva la fortuna - come succedeva a “Quelli che il calcio” - di seguirle in bassa frequenza, a uso e consumo dei molti (noi) che dal divano di casa indovinavamo da un urlo strozzato o dagli occhi sbarrati cosa stava succedendo in campo. Erano i tempi in cui il calcio si consumava contemporaneamente in tutta Italia e quella trasposizione di “Tutto il calcio minuto per minuto” dalla radio alla televisione riuscì in un'impresa unica: creare una complicità speciale tra chi argomentava di calcio negli studi Rai e chi il calcio lo amava, ma da casa.

    Idris, dicevamo. Nato in Gambia, ma di origini senegalesi, da una famiglia di ventuno fratelli, era arrivato in Italia a vent’anni, all’inizio degli anni 70, per studiare: aveva vinto una Borsa di studio all’Università per stranieri di Perugia, poi si era trasferito a Brescia. a Bedizzole, dove - prima di darsi al giornalismo - aveva lavorato come dj nelle discoteche. Venne scelto casualmente, il gruppo di autori del nuovo programma cercava un immigrato colto e brillante, fu il compianto regista Paolo Beldì - durante una riunione - ad alzare la mano: “Io uno così lo conosco”. Idris aveva lavorato per le emittenti bresciane, era giornalista, era - soprattutto - tifoso juventino cresciuto in Africa con il mito di Omar Sivori, una sorta di ultrà con un vocabolario forbito - parlava benissimo l’italiano anche se talvolta indugiava con qualche slogan maccheronico con cadenza bresciana - che in pochissimo tempo divenne popolarissimo.

    Idris piaceva perché era chiaro da che parte stava (da quella della Juve), ma sapeva scherzare e persino quando si incendiava - e succedeva spesso - si coglieva una sfumatura di voluta ironia in ogni suo gesto. Si era sposato con una donna bresciana, aveva avuto quattro figli. Tra la laziale Suor Paola e l’improbabile inviato Everardo Dalla Noce, tra l’immarcabile Teo Teocoli e il comico Francesco Paolantoni, Idris si era ritagliato un posto fisso a “Quelli che il calcio” e anche quando la trasmissione esaurì la sua stagione più innovativa, continuò ad apparire come opinionista nelle emittenti private. I compagni di viaggio di allora lo ricordano generoso e dotato di un’umanità travolgente. Fabio Fazio su Twitter ha postato: “Caro Idris, quanti ricordi e quante risate! Grazie per la tua amicizia e la tua ironia. Sono stati anni bellissimi quelli che abbiamo trascorso insieme. Mancherai tantissimo”. Vulcanico, frizzante, pronto alla battuta, pieno di energia: Idris lo ricordiamo con il sorriso, così come è bello ricordare chi i sorrisi li ha regalati a noi telespettatori.

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