Bobo Gori, la 'spalla' di Riva lanciata da Herrera che trionfò con Cagliari, Inter e Juve
Senza spingere, con l’umiltà che hanno quelli che oltre ad essere bravi sono anche utili: chiedere conferma ai tanti allenatori che ha avuto. Se n’è andato oggi, aveva 77 anni, era ricoverato a Sesto San Giovanni da due settimane. Nei tratti del viso - molto marcati, il naso camuso, una sorta di grugno perenne - somigliava a Franco Citti, l’attore-feticcio di Pasolini, protagonista di “Accattone”; mentre in realtà - nato a Milano, ma di origini toscane - Bobo veniva da una famiglia benestante: il padre Pietro, detto “Faina”, era il proprietario di un ristorante a Milano, le “Colline pistoiesi”, in via Amedei, covo di interisti (lo zio Ottavio, invece, gestiva il celebre “Assassino”, covo di milanisti). Le cronache di queste ore ricordano i quattro scudetti vinti con tre squadre diverse. Inter 1965, Inter 1966, Cagliari 1970 e Juventus 1977. A questi trofei vanno aggiunte le due coppe Intercontinentali (Inter 1964 e 1965), la Coppa dei Campioni (Inter 1965) e la Coppa Uefa (1977). Insomma, Bobo Gori quando si faceva la storia del nostro calcio era lì. Cresce nei giovani dell’Inter, a farlo esordire in Serie A è il Mago, Helenio Herrera.
E’ la Grande Inter, e Bobo ha un ruolo da comprimario: mette insieme una decina di presenze in due anni, ma intanto porta a referto titoli e trofei. Comincia ad affermare le sue qualità nel biennio con il Lanerossi Vicenza: per due anni è il capocannoniere della squadra. L’Inter se lo riprende, per poi - dopo una sola stagione - girarlo al Cagliari. Bobo - girato insieme a Domenghini, nello scambio che porta Boninsegna in nerazzurro - vive il trasferimento come un declassamento, mugugna, ma alla fine accetta. Non sa ancora che Cagliari sarà la sua fortuna. Da centravanti di movimento, abile a creare gli spazi, gioca una stagione straordinaria, che si chiude con la vittoria dello storico scudetto. E’ il Cagliari da poster di Nené e Greatti, Albertosi e Niccolai. Gori è la spalla perfetta di Gigi Riva. Quando Rombo di Tuono si accentra e carica il sinistro o si getta in area per una delle sue acrobazie, Bobo si sfila, liberando la potenza e l’estro del compagno. Il 1970 è anche l’anno in cui debutta in Nazionale. A Toluca, nella prima partita dell’Italia al Mondiale messicano. Di presenze in Nazionale, quell’anno, ne somma altre due. Lascia l’azzurro sbattendo la porta, dopo un duro confronto con il c.t. Valcareggi: c’è un’amichevole dell’Italia a Cagliari contro la Spagna, Valcareggi lo tiene in panchina e Bobo se la prende. Era fatto così. Affrontava la vita senza tentennamenti, andando talvolta allo scontro. Poi la sua avventura in azzurro finisce. Dopo le stagioni di Cagliari (l'ultima chiusa con 10 gol all'attivo, il suo top-score in Serie A) passa alla Juventus, dove rimane un biennio (1975-1977), prima con Parola (che lo utilizza spesso) e poi con il giovane Trapattoni, che invece lo relega al ruolo di riserva. Gori chiude la carriera ad alti livelli nel 1978, con un altro anno a Verona, prima dell’ultima tappa vicino a casa, il Sant’Angelo, club del Lodigiano che milita in C2: il suo contributo è utile alla causa, con la squadra che centra la promozione in C1. Vanta un record: insieme a Giovanni Ferrari, Filippo Cavalli, Pierino Fanna, Aldo Serena e Attilio Lombardo; Bobo Gori è uno dei sei calciatori ad aver vinto almeno uno scudetto con tre squadre diverse.
A Cagliari Bobo Gori è un idolo eterno: c’è la sua firma nella partita che consegna lo scudetto matematico, il 12 aprile del 1970, con due domeniche di anticipo sulla fine del campionato, nel 2-0 contro il Bari (dopo il vantaggio di Riva, Gori segna il raddoppio a due minuti dalla fine con una botta sotto l’incrocio dei pali), mentre all’Amsicora tutta la Sardegna ribadisce la propria identità all’Italia intera.