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    Addio a Belmondo, la simpatica canaglia dal ring al cinema per diventare leggenda

    Addio a Belmondo, la simpatica canaglia dal ring al cinema per diventare leggenda

    • Marco Bernardini
      Marco Bernardini
    Alain Delon era il bello per antonomasia. Jean Paul Belmondo, per bizzarria del suo cognome, era quello brutto. Eppure era lui a pescare senza posa nel grande mare del femminile. In Italia fu Laura Antonelli, all’epoca stupenda, a cedere al fascino di un mito del cinema francese. Lui lasciò Ursula Andress per stare con l’attrice italiana. Oggi quel mito è diventato leggenda perché il mattatore se ne è andato all’età di ottantotto anni nel suo appartamento di Parigi. Al Festival del Cinema di Venezia si terrà almeno un minuto di raccoglimento per ricordarlo.

    Come, per noi italiani Gassman e Sordi, Belmondo ha rappresentato per generazioni la ”summa” dell’attore universale che non si limitava a recitare il canonico copione ma che riusciva a coinvolgere emotivamente e persino fisicamente lo spettatore tanta era la sua compenetrazione nel personaggio che stava interpretando. Con quel naso rotto che ricordava a tutti i sui trascorsi di pugile, con quel fisico da atleta che lo aveva spinto anche a fare il portiere, soprattutto con quell’aria da simpatica canaglia la popolarità di Belmondo non aveva confini.

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    L’esordio in un capolavoro di Godard, “Au bout de souffle”, gli spalancò le porte del cinema internazionale portandolo a lavorare per i più grandi registi. Alain Delon era il suo “contrapposto” ma tra i due non ci fu mai rivalità semmai amicizia e grande stima culminata, poco tempo fa, in un “duetto” televisivo già passato alla storia. Dire del Belmondo attore è riduttivo. Figlio di un grande scultore e di una celebre pittrice ereditò il senso e la magia dell’arte in formula ampia. Quella che lo portò a concludere la carriera il teatro cimentandosi con testi di valenza eterna.

    Ma era anche un atleta e uno sportivo a tutto tondo. Per le scene più rischiose rifiutava puntualmente la controfigura e proprio a Venezia lo ricordano appeso ad un elicottero in volo per l’ennesimo ciak. Si lanciò per numerose edizioni sulla pista di Le Mans a bordo di vetture della sua scuderia. Poi un ictus lo mise al tappeto, ma non si arrese mai e chiedeva di essere accompagnato in teatro o allo stadio. Au revoir Jean Paul, ci hai fatto sognare.

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