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Addio a Belmondo, la simpatica canaglia dal ring al cinema per diventare leggenda
Come, per noi italiani Gassman e Sordi, Belmondo ha rappresentato per generazioni la ”summa” dell’attore universale che non si limitava a recitare il canonico copione ma che riusciva a coinvolgere emotivamente e persino fisicamente lo spettatore tanta era la sua compenetrazione nel personaggio che stava interpretando. Con quel naso rotto che ricordava a tutti i sui trascorsi di pugile, con quel fisico da atleta che lo aveva spinto anche a fare il portiere, soprattutto con quell’aria da simpatica canaglia la popolarità di Belmondo non aveva confini.
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L’esordio in un capolavoro di Godard, “Au bout de souffle”, gli spalancò le porte del cinema internazionale portandolo a lavorare per i più grandi registi. Alain Delon era il suo “contrapposto” ma tra i due non ci fu mai rivalità semmai amicizia e grande stima culminata, poco tempo fa, in un “duetto” televisivo già passato alla storia. Dire del Belmondo attore è riduttivo. Figlio di un grande scultore e di una celebre pittrice ereditò il senso e la magia dell’arte in formula ampia. Quella che lo portò a concludere la carriera il teatro cimentandosi con testi di valenza eterna.
Ma era anche un atleta e uno sportivo a tutto tondo. Per le scene più rischiose rifiutava puntualmente la controfigura e proprio a Venezia lo ricordano appeso ad un elicottero in volo per l’ennesimo ciak. Si lanciò per numerose edizioni sulla pista di Le Mans a bordo di vetture della sua scuderia. Poi un ictus lo mise al tappeto, ma non si arrese mai e chiedeva di essere accompagnato in teatro o allo stadio. Au revoir Jean Paul, ci hai fatto sognare.