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    Abel Hernandez, il declino dell'altra Joya: la promessa di Palermo infranta da birra e infortuni

    Abel Hernandez, il declino dell'altra Joya: la promessa di Palermo infranta da birra e infortuni

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    Abel Hernandez è un nuovo giocatore del Penarol. Proprio dal Penarol era partito agli inizi della sua carriera, quando le aspettative su di lui erano molto alte, tanto da valergli un soprannome non di poco conto: la Joya. Lo stesso appellativo riservato a Paulo Dybala, che peraltro è stato anche suo compagno di squadra al Palermo. In rosanero arriva con grande convinzione e si impone subito come giovane promessa, guadagnandosi la chiamata della nazionale uruguaiana. Una serie di infortuni e di difficoltà incontrate nei periodi successivi lo costringono a cercare spazio altrove ed inizia così la parabola discendente di Abel Hernandez. Dall'Hull City al CSKA Mosca, passando poi dall'Al-Ahli, fino al Brasile con le maglie di Internacional e Fluminense. L'ultima parentesi, anch'essa negativa, è targata San Luis, club messicano che accoglie Abel Hernandez prima del suo ritorno al Penarol, dopo 13 anni dall'ultima presenza con gli uruguaiani. 

    L'EXPLOIT DI PALERMO - Abel Hernandez prima di approdare a Palermo sfiora il Genoa, con cui sostiene un provino, non superato principalmente a causa del suo passaporto extracomunitario che lo rendeva una presenza ingombrante in terra ligure. Su intuizione di Frederic Massara e Walter Sabatini si trasferisce dunque in rosanero, dove scala le gerarchie partendo dalla Primavera. Con la formazione giovanile mette a segno il gol decisivo che vale la conquista dello Scudetto nella finale contro il Siena. Da lì si stabilisce permanentemente in prima squadra e sotto la guida di Delio Rossi incanta a suon di prestazioni, tanto da contribuire al quinto posto del Palermo, mettendosi in luce anche agli occhi della nazionale uruguayana. Abel Hernandez ha tutte le carte in regola per la definitiva esplosione, ma qualcosa non funziona e inizia il calvario.

    INIZIO DEL DECLINO - A mettersi fra la Joya e la sua crescita calcistica ci pensa un infortunio muscolare, che lo ferma per quattro mesi e che è il preludio di altri stop che lo colpiranno in seguito. L'anno successivo è ancora out tre mesi, fino al 2012, quando la rottura del legamento crociato lo ferma per tutta la stagione. In quel periodo l'uruguaiano assiste al declino del Palermo, che retrocede in Serie B. Un ultimo lampo Abel Hernandez lo mostra quando segna 14 reti che permettono ai rosanero di tornare nella massima divisione. Ma le sirene inglesi sono luminose e il giocatore viene ceduto per 12 milioni all'Hull City

    LE ALTRE ESPERIENZE - La parentesi in Gran Bretagna è ancora segnata da alti e bassi, con gol intervallati da infortuni, tra cui uno pesante al tendine d'Achille. A scadenza di contratto passa al CSKA Mosca con cui però trascorre soltanto una stagione, prima di passare all'Al Ahli, club qatariota che si aggiudica il suo cartellino dopo la risoluzione con il club russo. Lo stesso Hernandez ha commentato la sua scelta di andare a giocare in Russia, dicendo "non sarei mai dovuto andare a Mosca. Lo feci perché giocava la Champions ma non andò bene anche per una cultura completamente diversa". Poi il ritorno in Sudamerica, dove veste le maglie di Internacional e Fluminense e le sue statistiche crollano definitivamente rendendo le gesta della Joya un lontano ricordo.

    PENAROL - L'ultimo capitolo della storia di Abel Hernandez si chiama Penarol e rappresenta un ritorno alle origini per il giocatore. Un ritorno in patria sì, ma anche la chiusura di una parabola discendente che lo ha portato da essere un prodigio del calcio uruguaiano fino a scomparire fra i campi del Messico. La fortuna sicuramente non è stata dalla sua parte, ma anche l'atteggiamento del giocatore ha contribuito alla sua infausta carriera. Ai tempi del Palermo, già Zamparini avvertiva: "Sono deluso da Hernandez, deve mettersi in testa che deve fare la vita da atleta. Deve smettere di andare in discoteca, di bere la birra, altrimenti non farà mai strada". 

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