A Marianella brucia la storia del Napoli, compresi i contratti di Maradona
Odore acre di bruciato, scaffali di metallo piegati e anneriti dal fumo, piccoli cumuli di cenere che sbuffano sotto i piedi: ecco quel che resta della storia del Calcio Napoli.
Una storia andata in fumo, bruciata in un orrendo falò in un pomeriggio qualunque di un giorno qualunque. Anzi no, quello non era un giorno qualunque, per cui è meglio riavvolgere il nastro e raccontare questa malinconica vicenda dall’inizio.
Il Mattino aveva scoperto il cimitero delle memorie del Napoli più di un anno fa. Era in uno stanzone buio del centro sportivo di Marianella: faldoni e incartamenti trasportati lì dopo il fallimento della storica società azzurra. La struttura era in abbandono, i documenti alla mercè di tutti: il nostro giornale pubblicò le immagini di quel disastro. C’erano il contratto di Diego Maradona, i fax dei giorni degli scudetti e della Coppa Uefa, gli incartamenti sui trasferimenti di tutti i calciatori della storia azzurra. C’erano anche i faldoni dei drammatici giorni del fallimento. I documenti erano lì, li avevamo visti e fotografati.
Da quel momento lo stanzone, e tutto il Centro di Marianella, tornarono nell’abbandono e l’intera struttura venne sequestrata dalla polizia municipale perché era divenuta sversatoio di rifiuti illegali.
Poi, un giorno, gli addetti al controllo della Medial Service, durante un giro di sopralluogo, videro un filo di fumo che si alzava, quel filo diventò una colonna in un attimo. Corsero a controllare, chiamarono i vigili del fuoco, ma ormai c’era poco da fare. Quel giorno non era un giorno qualunque, era il 10 maggio del 2012 e la Napoli dello sport celebrava in tv e sui giornali il venticinquennale del primo scudetto del Napoli, il titolo della storia. Quella storia che proprio in quel momento stava bruciando.
Le indagini partitono immediatamente, la natura dolosa del rogo era evidente. La denuncia presentata dal curatore fallimentare Nicola Rascio fu precisa e circostanziata. Nessun sospetto, nessun indizio, anche se quella singolare coincidenza con la data storica per la Napoli del calcio suonava strana. Le indagini non hanno condotto a nulla, si va verso una archiviazione del caso perché non c’è stata nessuna possibilità di arrivare a una soluzione: niente telecamere di controllo, niente testimoni, niente di niente, solo un mucchio di cenere. Quello stanzone, reso pericolante dall’incendio, è sotto sequestro, vietato a chiunque perché rischia di crollare.
La notizia è rimasta riservata per lunghi mesi, fino ad oggi: di quell’incendio e dei danni che ha prodotto si parla in un avviso di vendita del Tribunale di Napoli. Il centro Sportivo di Marianella verrà messo all’asta, al miglior offerente, per recuperare una parte del denaro necessario a saldare i debiti della società che dichiarò fallimento nel 2004. Il centro sportivo che doveva essere simbolo del calcio del futuro, della spinta propulsiva dei giovani, va in vendita a un prezzo base di tre milioni e mezzo di euro. Tre campi regolamentari da calcio, due fabbricati e un prefabbricato, spogliatoi, servizi: era davvero un gioiello il centro sportivo di via Emilio Scaglione. Ora è il simbolo in rovina di un passato che non c’è più.
La zona devastata dall’incendio non è nemmeno più agibile, quel che resta degli spogliatoi è imbarazzante: è stato razziato tutto quel che si poteva, perfino le tubature sono state strappate dai muri. È pericoloso anche camminare lungo le strade asfaltate del centro sportivo: con metodica precisione sono stati strappati tutti i tombini, così ad ogni passo si rischia di finire inghiottiti. Sul campo da calcio principale c’è perfino una lavatrice letteralmente lanciata sul prato, proveniva dall’interno degli spogliatoi, chissà chi, chissà quando, con una forza notevole, l’ha sollevata e gettata lì. Però, sui campi resistono ancora le porte e, incredibilmente, ci sono ancora le reti. In mezzo all’erba altissima quelle porte dove crescevano i giovani azzurri e dove arrivava ad allenarsi anche la prima squadra con Maradona, Bagni, Careca, rappresentano l’ultimo baluardo di un passato che non vuole morire, di una storia che non ha voglia di essere cancellata, a dispetto dei fallimenti societari, della distruzione, dell’abbandono e del fuoco che s’è mangiato anche gli ultimi ricordi tangibili del Napoli che seppe regalare sogni ed emozioni.