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    90 anni di gol in 'Zona Cesarini': l'origine della storia dell'influencer mancato

    90 anni di gol in 'Zona Cesarini': l'origine della storia dell'influencer mancato

    • Furio Zara
      Furio Zara
    Quando un gol arriva all'ultimo giro di lancette e nessuno se lo aspetta più, dentro una piccolissima porzione di Tempo che appartiene al Destino; diciamo che è un gol in 'Zona Cesarini'. Lo diciamo da novant’anni, perché esattamente novant'anni fa Cesarini - si chiamava Renato ed era un fuoriclasse - segnò un gol allo scadere di una partita della Nazionale. Era Italia-Ungheria 3-2 del 13 dicembre 1931, giocata a Torino. Nelle cronache dei giornali di allora si sottolineava il fatto che il gol di Cesarini arrivò 'dopo 47 minuti e 20 secondi della ripresa', a 10 secondi dal fischio finale perché l'arbitro - lo svizzero Mercet - aveva segnalato un recupero di due minuti e mezzo.

    BOMBER - Per Cesarini non era una novità segnare agli sgoccioli delle partite. Gli era già successo - sempre con la maglia della Nazionale - poco tempo prima - il 29 marzo di quel 1931 - in una sfida a Berna, contro la Svizzera, terminata 1-1. Per quanto ci viene riportato dalle cronache, quel gol Cesarini lo segnò da fuori area, defilato a destra, con un tiro secco e preciso, dopo aver urlato 'lascia! Lascia!' al compagno di squadra Costantino, che per primo si era avventato sul pallone. L’oriundo - era infatti nato a Senigallia ed era emigrato con la famiglia a Buenos Aires - al fischio finale venne travolto di abbracci e portato in trionfo non solo dai compagni di squadra, ma anche dai tifosi che avevano scavalcato la rete di recinzione e invaso il campo. 

    L'ORIGINE - Gli ungheresi erano costernati, sgomenti e annichiliti. Se la presero con l'arbitro, avanzando il sospetto che la partita fosse in realtà finita. E questo - lo sappiamo - continua ad accadere. Fermi tutti, però: l'idea di battezzare così un gol segnato negli ultimi minuti venne ad un giornalista, il veronese Eugenio Danese, che una settimana dopo quell’Italia-Ungheria, era al lavoro e stava seguendo la partita tra Ambrosiana e Roma. L’Ambrosiana quella domenica vinse 2-1 grazie ad un gol realizzato a pochi secondi dalla fine dall’ala destra Umberto Visentin, attaccante trevigiano noto anche come Visentin III, per distinguerlo dai fratelli Giuseppe e Gino. Danese scrisse che il gol era un 'Caso Cesarini', proprio per paragonarlo al gol del famoso italoargentino, e da quel momento l'espressione diventò di uso comune, tramutando il 'caso' in 'zona', probabilmente riferendosi alla terminologia del Bridge, dove essere 'in zona' vuol dire avere chiuso una manche.

    LA STORIA - Nel corso del tempo la 'Zona Cesarini' ha travalicato l'ambito calcistico e viene a tutt’oggi applicata a diversi contesti, in ambito sociale e politico. Merita sicuramente qualche riga il protagonista della nostra storia: Renato Cesarini era davvero un fuoriclasse, uno dei migliori giocatori della sua epoca. Dopo un inizio carriera in Argentina - il calcio l'aveva salvato dalla vita di strada, visto che sbarcava il lunario facendo il saltimbanco - visse il suo periodo più sfavillante con la Juventus, dal 1929 al 1935. Il suo acquisto fu il colpo di quegli anni. Fu il compagno - un altro oriundo - Mumo Orsi a convincere la Juventus a farlo venire in Italia. Cesarini aveva uno stipendio di quattromila lire al mese, una cifra spaventosa per l’epoca. Quella era la Juventus capace di vincere - dal 1931 al 1935 - ben cinque campionati di fila con Cesarini sempre tra i protagonisti. Cesarini era un personaggio, oggi sui social avrebbe un seguito clamoroso. Amava la bella vita, era estroso, bizzarro nel vestire - spesso in vestaglia, sempre con clamorose cravatte colorate - frequentava night e bordelli con ammirevole disinvoltura, fino alle prime luci dell'alba, salvo poi presentarsi all'allenamento ancora col vestito da sera. Una volta comprò una scimmia e la portò con sé ovunque, al guinzaglio, su e giù per le strade di Torino, mentre i passanti lo guardavano allibiti, con gli occhi fuori dalle orbite.

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