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  • 70 anni di 'Pupi' Pulici, l'idolo eterno del Toro: dal 'calcio totale' di Radice ai 'gemelli del gol'. E quel siparietto osé...

    70 anni di 'Pupi' Pulici, l'idolo eterno del Toro: dal 'calcio totale' di Radice ai 'gemelli del gol'. E quel siparietto osé...

    • Furio Zara
      Furio Zara
    Paolo Pulici compie oggi 70 anni e a noi lo vogliamo qui celebrare come uno degli attaccanti-icona del nostro calcio, tra i più forti nella storia del dopoguerra, idolo eterno per i tifosi del Toro ma egualmente stimato da chiunque riconosca il coraggio e la potenza del calciatore, la trasparenza e la lealtà dell’uomo.

    Il suo nome è legato indissolubilmente allo scudetto del Torino 1975-76, era la squadra di «Giaguaro» Castellini e di Pecci, del «Poeta del Gol» Claudio Sala e di Zaccarelli. Gigi Radice aveva dato vita - nei tempi in cui imperava l’Olanda di Cruijff - alla prima versione del «Calcio Totale» in Italia. Con Ciccio Graziani, Pulici formò una coppia-gol straordinaria per ferocia, capacità realizzative e qualità diverse riassunte in un mix definitivo.

    Graziani - il «Generoso» - si sacrificava, era il primo ad andare a fare pressing sul portatore di palla avversario; Pulici era più istintivo, rapace, felino nel cogliere il momento giusto. Viveva per il gol, aveva uno scatto bruciante, calciava bene - lui destro naturale - con entrambi i piedi. I primi anni in granata non furono semplici, ma Pulici rimase aggrappato al suo sogno. Gustavo Giagnoni lo tenne fuori squadra un mese e lo costrinse ad allenarsi «al muro», per affinare la precisione nel tiro. Un suo amico ed ex compagno di squadra, Eraldo Pecci, ci ripete spesso: «Non ho mai visto nessuno muoversi dentro l’area di rigore come sapeva fare Pulici». E’ suo il gol - di testa contro il Cesena - nel giorno dello scudetto matematico: un volo orizzontale, come un bambino incosciente che si lancia tra le braccia del padre.

    Nato in Brianza, a Roncello, figlio di Silvio - operaio in una fabbrica di rame - e di Maria - casalinga - al lavoro già da ragazzino, falegname, imbianchino, operaio meccanico in una officina. A sedici anni giocava nel Legnano, l’anno dopo - scartato a un provino dall’Inter - era al Torino, dove è rimasto dal 1967 al 1982, prima di chiudere la carriera con Udinese e Fiorentina. Il popolo del Toro lo amava perché era uno normale che faceva cose straordinarie: osava dove gli altri si fermano, sull’orlo dell’abisso, buttava se stesso oltre l’ostacolo, e poi andava a riprendersi.

    Rovesciate, acrobazie, tuffi di testa. 134 gol con la maglia granata in quindici anni (sono 172 in totale in carriera) e tre titoli di cannoniere:
    nel 1972/73, primo con 17 gol alla pari con Rivera e Savoldi. Nel 1974/75, primo con 18 gol. Nel 1975/76, primo con 21 gol. Gianni Brera la chiamava «Puliciclone». Scrisse Brera dopo un derby del 1972: «Pulici si avventa ringhiando: quei due colossi vengono sballati via: lo scatto, palla al piede è perentorio: Pulici forza della natura, Pulici nel quale urla il ciclone».

    Per i tifosi granata era «Pupi» (il soprannome glielo diede il compagno di squadra Aldo Agroppi). In nazionale - dove ha chiuso con 19 presenze e 5 gol, 2 partecipazioni ma senza mai mettere piede in campo ai Mondiali di Germania ’74 e Argentina ’78 - Pulici è stato chiuso dalla più talentuosa generazione di attaccanti che l’Italia abbia avuto: il decennio dei ’70 è segnato infatti dai gol di Riva e Boninsegna, Anastasi e Chinaglia, Rossi e Bettega. Uomo tutto di un pezzo, appassionato di modellismo, fumatore fin da ragazzino; Pulici dava tre tiri di sigaretta prima di entrare in campo. Gli era andata bene una volta, quando ad offrirgliela - da dietro le barre della gradinata - era stato un capotifoso, il Maso.

    Quel giorno aveva segnato una tripletta e da allora aveva sempre ripetuto il rito. Una volta - durante uno degli accesissimi derby degli anni ’70 - dovette cambiare i pantaloncini tre volte nel corso della partita, perché il suo marcatore - lo stopper bianconero «Morgan» Morini - gli si attaccava ovunque, anche lì. Un paio di giorni dopo gli arrivò a casa una lettera. Era firmata da un gruppo di tifose del Torino. C’era scritto: «Caro Pupi, potevi cambiarti i pantaloncini più lentamente, ci stavamo divertendo molto».

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