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  • 4 novembre 1918, finiva una guerra che anche il calcio aveva voluto e celebrato

    4 novembre 1918, finiva una guerra che anche il calcio aveva voluto e celebrato

    • Alessandro Bassi
    A mezzogiorno del 4 novembre 1918 il Generale Armando Diaz emanava il bollettino con il quale comunicava alla popolazione italiana il termine della guerra contro il nemico austriaco. Il calcio e lo sport italiano in generale avevano recitato nei lunghi anni di guerra un ruolo spesso di primo piano nella propaganda interventista e anti austriaca e, come vedremo, non avevano mancato di organizzare manifestazioni festose per celebrare quella vittoria.

    LA STAMPA SPORTIVA ITALIANA INTERVENTISTA - Simile al vento che ha accarezzato la foresta e si è riempito di tutte le sue fragranze e di tutti i suoi scrosci, il nostro cuore par che più non regga alla misura di esultanza che segue ai duri travagli ed alle sofferenze di tre anni di guerra, e che s'intitola coi nomi auspicati delle due città alfine entrate a far parte del tesoro d'Italia: TRENTO e TRIESTE!”
    Così, non senza la solita retorica dell'epoca, scriveva in prima pagina La Gazzetta dello Sport di lunedì 4 novembre 1918, l'indomani della firma dell'armistizio tra Italia ed Austria-Ungheria che siglava la fine sul suolo italiano della Prima guerra mondiale. Una guerra che il mondo sportivo e calcistico in particolare per sua larga parte aveva voluto, condiviso e supportato sin dai mesi della neutralità dell'autunno-inverno 1914-15. Tante, tantissime le manifestazioni sportive che erano state organizzate in quegli anni per solidarietà e per raccogliere aiuti per le popolazioni delle terre irredente e per le famiglie dei tantissimi soldati impegnati sui fronti. Così anche in quei giorni gioiosi di novembre del 1918 lo sport e – per quel che qui ci importa – il calcio lavoravano per organizzare partite e incontri celebrativi, uno dei quali – forse il più importante – in programma a Milano nelle domeniche del 24 novembre e del 1° dicembre tra squadre formate da giocatori militari.

    Che larghissima parte della stampa sportiva fosse sempre stata a favore della guerra vi sono numerosissime testimonianze, basti qui ricordare La Gazzetta dello Sport che il 24 maggio 1915 a tutta pagine titolava “Per l'Italia, contro L'Austria hip hip hip hurrà!”. Quella prima pagina venne ripresa sul numero del 4 novembre 1918 e credo sia molto importante mettere qui in evidenza la didascalia riportata in calce: “Vi si legge il grido lanciato all'inizio del «grande match». La partita ora è finita: Italia batte Austria!...”. Senza voler entrare nel merito dei giudizi, balza comunque all'occhio come il lessico e l'immaginario calcistico siano stati presi a prestito per un evento di ben diversa portata e gravità rispetto ad una semplice partita al pallone. La guerra e il nemico spesso dai giornali sportivi sono stati raccontati come un evento sportivo, come una partita da vincere. Questo è solo un esempio tra i tanti per mettere in evidenza come il mondo sportivo nella sua schiacciante maggioranza si fosse mosso compatto a favore della guerra.



    IL CALCIO NELLE NUOVE TERRE ITALIANE - Come detto, già prima dell'Armistizio di Villa Giusti, ma quando ormai le sorti della guerra erano segnate, si fece strada l'idea di organizzare un imponente torneo calcistico per celebrare la vittoria. Promotore se ne fece il giornalista Aldo Molinari, che qualche anno più tardi scriverà con Arpad Weisz un fondamentale manuale sul gioco del calcio, ancor oggi attuale. Il torneo si sarebbe svolto in due domeniche al Velodromo Sempione di Milano e avrebbe messo di fronte il meglio del calcio italiano sotto le armi, mettendo in luce una formazione, quella del XX Autoparco di Modena composta da molte delle “stelle” del calcio italiano prebellico. Peraltro non si può qua tacere quale enorme tributo di sangue il calcio italiano pagò all'atrocità della guerra. Alcuni tra i più importanti pionieri del football e migliori giovani dell'epoca trovarono la morte sulle fronti di guerra: Fossati e Caimi  dell'Internazionale, Casanova e Ferraris del Genoa, Canfari e Forlano della Juventus sono soltanto un pallido esempio di quanti calciatori morirono a causa della guerra perchè tutte le società italiane al termine del conflitto piansero a decine i propri tesserati caduti.
    L'indomani dell'armistizio sono copiose le manifestazioni sportive che si intendono organizzare come omaggio alle città irredente e per festeggiare la vittoria. Basti qua ricordare che La Gazzetta dello Sport lancia da subito l'idea che per l'edizione della ripresa Trento e Trieste siano tappa al Giro d'Italia e che si voglia caldeggiare la candidatura di Roma ad ospitare l'edizione del 1920 delle Olimpiadi. Non solo. Già pochi giorni dopo la liberazione si iniziano ad organizzare alcune corse ciclistiche, tra le quali la Roma-Trieste e la staffetta Torino-Tento-Trieste. E il calcio? Certo non può mancare alla festa. Una delle prime partite di calcio successive all'armistizio la si gioca a Fiume che in quei giorni si crede possa diventare italiana ma che nei mesi successivi sarà al centro di vicende diplomatiche e belliche di peso specifico non irrilevante e che qua non è possibile affrontare. Fatto è che una delle più antiche società italiane della città fiumana, l'Olympia, gioca il 21 novembre una partita contro i marinai inglesi del cacciatorpediniere Martin vincendo 5 a 0. Per la metà di dicembre si segnalano i “primi calci” post bellici sotto gli stendardi tricolori anche a Trieste. Domenica 15 dicembre a Trieste si gioca una partita benefica a favore degli internati della città tra la squadra del Trieste F.C. e una formazione militare del Terzo Battaglione Fotoelettricisti composta da diversi calciatori dei campionati ante guerra.
    La guerra contro l'antico dominatore era vinta, come con molta enfasi il Generale Diaz scrive chiudendo il bollettino del 4 novembre: “(...) I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.”
    Terminava sì la guerra, una guerra lunga, tragica e carica di morti, ma per l'Italia non si esaurivano i problemi: la violenza, alimentata dalle spaventose condizioni di povertà in cui versava la Nazione si andava radicalizzando e avrebbe ben presto presentato il suo drammatico conto.

    (Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)

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