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    25 anni da Milan-Goteborg 4-0, l'apoteosi di Marco van Basten

    25 anni da Milan-Goteborg 4-0, l'apoteosi di Marco van Basten

    • Giovanni Daloiso
    Oggi ricorre il venticinquesimo anniversario di una notte storica: mercoledì 25 novembre 1992, a San Siro, andava in scena un monologo rimasto negli annali, l'ultimo capolavoro della carriera di un giocatore chiamato Marco van Basten.

    IL CONTESTO - In quelle grigie giornate di novembre i fatti di cronaca locale erano incentrati unicamente sulla vicenda di Mani Pulite; l'Italia, come un leone ferito, riemergeva faticosamente dalle stragi di mafia; a fare da sottofondo musicale vi erano i Datura con Yerba del Diablo e gli Snap con Rhythm is a Dancer, e senza ancora i social a fare da padroni nella vita dei calciatori, il loro lato umano era messo in mostra da trasmissioni televisive rimaste nella storia come Mai dire Gol. Un quarto di secolo fa la Coppa dei Campioni era già Champions League: la denominazione del massimo torneo continentale era variata proprio quell'anno, anche se i segnali di cambiamento avevano iniziato ad intravedersi l'anno precedente. Nell'edizione in cui la Samp arrivò in finale il format era stato stravolto, con l'introduzione di una fase a gironi intermedia dopo due turni eliminatori: con piccole modifiche apportate di volta in volta, si sarebbe giunti al sistema eliminatorio attuale soltanto nella stagione 2003-2004.

    LA PARTITA - Venticinque anni prima di Italia-Svezia, la gara che qualche giorno fa ha decretato l'esclusione degli azzurri dal mondiale russo a San Siro, s'incrociavano proprio alla Scala del Calcio una formazione italiana e una svedese: il Milan degli Invincibili, guidato da Fabio Capello, e il Goteborg. Il ruolino di marcia rossonero è da urlo: la squadra, nei primi due turni eliminatori, ha totalizzato quattro vittorie contro avversarie alquanto leggere, Oljmpia Ljubljana e Slovan Bratislava, segnando dodici reti senza subirne alcuna. L'esito della gara è sulla carta scontato, e così sarà: in campo scende un Milan rimaneggiato, con Massaro terzino sinistro (indossa la numero 3) e nuovi volti in fase di ambientamento, come Eranio, Papin e Lentini. Frank Rijkaard, faro di centrocampo, illumina la strada alle folate degli esterni e dei due attaccanti. La partita, per quanto facile, sarà tutt'altro che noiosa: durante il primo quarto d'ora, il pallino del gioco è nelle mani di un Goteborg per nulla sparagnino, determinato ad offendere, trovando i rossoneri a rispondere puntuali una delle specialità della casa, la tattica del fuorigioco di sacchiana memoria. In porta, un Antonioli titolare a sorpresa osserva cautamente alcune iniziative degli attaccanti svedesi: non correrà alcun rischio. Dopo una fase di studio, da paragonarsi ad una partita a scacchi, inizia a giocare il Milan. O meglio, inizia a giocare Marco van Basten: affonda fraseggiando con Papin, superare i difensori per lui è un gioco da ragazzi, ma Ravelli (il leggendario portiere della Svezia ad USA '94) è attento. Il gol è nell'aria, e arriva in maniera non troppo diversa dall'azione appena raccontata. Il dialogo tra il 9 olandese e il 10 francese sembra funzionare a meraviglia: avanti così, fino alla fine della prima metà di gioco. La seconda rete rossonera, giunta al principio del secondo tempo, è un calcio di rigore materializzato da van Basten, dopo essere stato affondato in area dalla rudezza di un difensore svedese. Poco prima, Gigi Lentini aveva colpito un palo. Assedio senza fiato. Il fior fiore del match, comunque, deve ancora venire: dal 60', nel giro di due minuti, matureranno due reti, la prima delle quali è ad oggi ricordata come uno dei gesti tecnici più spettacolari che siano mai stati effettuati nella storia del calcio. Neanche a dirlo, una rovesciata, specialità del superuomo Marco Van Basten. L'ispirazione di Eranio, gran lavoratore di fascia, è una precisa parabola dalla destra che solo la coordinazione di un fuoriclasse può carpire. 3-0 e tutti a casa? Macché. La ciliegina sulla torta, che van Basten ha deciso di regalare ad un pubblico rossonero ai limiti del coma etilico, ubriacati da cotanta classe, è una rete di astuzia e potenza, ispirata dal connazionale Rijkaard, rifinitore di primo livello: suo l'affondo, poi subisce un atterramento in area, palla persa ma per pochissimo dal momento che le lunghe leve di Marco arrivano a far ruotare dolcemente il pallone attorno alla disperata sagoma di Ravelli, con una raffinatissima veronica. 4-0. Il fuoriclasse è leggenda.

    IL SEGUITO - Nessuno credeva che del cigno di Utrecht questa sarebbe stata l'ultima recita. Quella sera andò in scena il canto di schubertiana memoria, un assolo commovente, non solo per i rimpianti che sarebbero scaturiti da quanto accaduto di lì a poche settimane dopo: van Basten avrebbe alzato il suo terzo, meritatissimo Pallone d'Oro. Il preludio ad un calvario fatto di luminari, operazioni chirurgiche e prognosi fallimentari, inframezzato da scampoli non abbastanza rassicuranti, tra cui quella maledetta finale di Champions contro il Marsiglia, in cui in dolorante van Basten già meditava l'addio, irriconoscibilmente sfigurato dalla sofferenza per una caviglia maledetta.

     

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