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  • 1915, il campionato nel caos e il calcio come strumento di propaganda. Un secolo dopo, è cambiato qualcosa?

    1915, il campionato nel caos e il calcio come strumento di propaganda. Un secolo dopo, è cambiato qualcosa?

    • Alessandro Bassi
      Alessandro Bassi
    Le “radiose giornate” di maggio del 1915, quando l'Italia – più o meno consapevolmente, più o meno convintamente – stava per entrare nel primo conflitto bellico, sono state anche le giornate più burrascose del campionato di calcio italiano, di quel torneo che ancora oggi suscita discussioni e reclami, come abbiamo già avuto modo di raccontare.


    TRATTATIVE SU PIU' TAVOLI - Sul versante della politica l'Italia da mesi era impegnata in una partita giocata su più tavoli ma che aveva come risultato finale quello di ottenere i maggiori vantaggi possibili, poco importava chi quei vantaggi li avrebbe garantiti. Fatto è che sin dall'agosto del 1914 l'Italia si era dichiarata neutrale e aveva iniziato le trattative con il suo alleato austro-ungarico sulla scorta dell'interpretazione dell'articolo VII del Trattato della Triplice Alleanza. Per chi volesse approfondire il tema può rifarsi alla lettura del nostro volume 1915. Dal football alle trincee uscito alcuni anni fa, qua basterà ricordare che l'Italia nel suo periodo di neutralità aveva imbastito trattativa sia con l'Austria-Ungheria sia con le Potenze della Triplice Intesa. Come dette trattative si conclusero lo sappiamo: mentre l'opinione pubblica italiana si divideva sempre più furiosamente in interventisti e neutralisti con manifestazioni spesso violente in entrambi gli schieramenti, nell'aprile del 1915 l'Italia firmava il Patto di Londra con il quale si alleava alle Potenze dell'Intesa garantendo il suo intervento contro l'Austria-Ungheria. Tutto questo accadeva nelle stanze segrete delle cancellerie e dei ministeri di mezza Europa, con la popolazione – in special modo quella italiana – lasciata all'oscuro su tutto, o quasi.


    IL RUOLO DEL FOOTBALL NELLA PROPAGANDA - Eppure il sentimento della Nazione veniva toccato, spostato – manipolato? - utilizzando vari sistemi, alcuni dei quali per certi versi nuovi e che sarebbero poi stati utilizzati negli anni, nei decenni futuri per orientare le masse. Nello specifico – per ciò che qua interessa – ci riferiamo all'utilizzo del sport – del calcio in particolare – quale strumento di propaganda a favore dell'intervento italiano nel conflitto. Il tema è vasto e complesso, tanti autori e storici in questi ultimi anni ne hanno scritto, qui basterà ricordare i lavori di Nicola Sbetti, Sergio Giuntini, Marco Impiglia e Giorgio Seccia. Che in Italia – dall'Unità in poi – serpeggiasse ad ondate un forte sentimento antiaustriaco è un dato di fatto e non nuovo, la novità di quella seconda metà del 1914 risiedeva nell'utilizzo del football come strumento di orientamento e rafforzamento di questo sentimento. Il calcio italiano si schiera subito al fianco delle popolazioni del Belgio invaso organizzando raccolte benefiche e ben presto si accoda anche il mondo del giornalismo sportivo creando un'opinione pubblica favorevole all'intervento italiano. Sono davvero numerose le iniziative che il calcio dell'epoca mette in campo a favore dei profughi belgi e delle popolazioni delle terre irredente, la stessa Nazionale italiana giocherà l'amichevole del 1° gennaio 1915 vestendo la maglia bianca fregiata dell'alabarda di Trieste.


    LE RADIOSE GIORNATE - Il maggio italiano del 1915 è scandito da una serie di tappe fondamentali. Il 3 il Ministro degli Esteri Sonnino invitava l'ambasciatore italiano a Vienna Giuseppe Avarna a rilasciare al Ministro austriaco la copia del documento con il quale si denunciava la Triplice Alleanza pur continuando le trattative; l'8 l'ex Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti si muoveva verso Roma per dare appoggio alla soluzione neutralista; il 10 la stampa accendeva ancor più gli animi, con i giornali interventisti da una parte che aggredivano aspramente Giolitti e con quelli cattolici dall'altra che invocavano il suo intervento risolutore. Tutto ciò non era che l'inizio: il Paese era in subbuglio e con questo clima dovette fare i conti anche il campionato di calcio.


    QUANDO IL CAMPIONATO SI FERMO' - Eh sì, perché in tutto questo tumulto di avvenimenti il pallone aveva continuato a rotolare. Il girone finale del nord non aveva ancora emesso i suoi verdetti, certo c'era il Genoa che godeva all'inizio dei favori del pronostico ma l'andamento del girone finale aveva fatto registrare un assoluto equilibrio, tanto che a due giornate dal termine Genoa, Internazionale e Torino erano divise da un solo punto. Divenuta davvero bollente la situazione politica, la F.I.G.C., come riportava il Corriere della Sera, l'11 maggio aveva telegrafato alle società impegnate nel girone finale la proposta di anticipare le due ultime giornate in modo da giocare la penultima mercoledì 13 e l'ultima domenica 16, ma la proposta non venne accolta, pare dal Genoa, e non se ne fece nulla. Intanto gli eventi continuavano a precipitare. Il 12 maggio il Presidente del Consiglio Salandra convocava il Consiglio dei Ministri per esaminare tutta la situazione politica interna ed estera, mentre i parlamentari giolittiani trattavano con gli esponenti radicali per chiedere al governo di proseguire nelle trattative. Il 13 maggio Salandra si giocava il tutto per tutto e rassegnava le dimissioni al Re. Le dimissioni del governo portarono in piazza il grosso del movimento interventista con cortei, comizi e gravi disordini. La sera del 14 al Teatro Costanzi a Roma il poeta D'Annunzio arringava la folla indicando Giolitti tra i traditori della Patria, il quale, nel frattempo, aveva consigliato il Re di affidare l'incarico di formare il nuovo governo a Marcora e a Carcano i quali però rifiutarono entrambi. Domenica 16 l'incarico venne affidato a Boselli ma anch'egli rifiutò tanto che alle 15.40 di domenica 16 maggio il Re ufficializzava di non aver accettato le dimissioni di Salandra, proprio nelle ore in cui si giocavano le partite della penultima giornata dei gironi finali. Il Genoa vincendo contro l'Internazionale e approfittando del pareggio del Torino allungava a due punti di vantaggio nel girone nord, nel centro pur non disputandosi alcun match la Lazio si laureava campione del suo girone e a Napoli l'Internazionale vinceva 3 a 0 la finale di andata del girone meridionale contro il Naples.

    Come poi sarebbe andata a finire lo sappiamo. Il 20 maggio veniva approvato a scrutinio segreto il disegno di legge per il conferimento al Re dei poteri straordinari in caso di guerra, sabato 22 veniva emanato il Regio decreto  che proclamava lo stato di guerra e si ordinava la mobilitazione generale a partire da domenica 23 maggio, quando al pomeriggio gli arbitri delle partite in programma comunicavano la sospensione degli incontri di quel campionato che – unico nella storia italiana – non avrebbe mai visto la fine.

    (Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)

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