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10 cose da ricordare del 2015 che va
Diceva il capocronista al praticante che tentava di diventare un buon giornalista. Prima regola. Se un cane morde un uomo non è una notizia. Se è un uomo ad azzannare un cane, ecco quella è una notizia. Per dire che dovrebbero essere gli eventi eccezionali a catturare l’attenzione dei lettori e a provocare un dibattito. Dalla nascita dei quotidiani a tutto il Novecento è sempre andata così. Poi una brusca virata sul mare dell’informazione ha cambiato la rotta dei naviganti. Gli eventi di sana normalità sono diventati talmente rari da rappresentare essi stessi la trasgressione mentre nella norma rientrano le categorie guerra, disonestà, razzismo, intolleranza, violenza, avidità, malcostume, assenza di valori, mancanza di rispetto. Opinione pubblica e media si stanno adattando a questo trend. Eppure dovrebbero continuare ad essere i personaggi comuni e gli eventi minimalisti a rendere questo nostro mondo meno sgradevole e la nostra esistenza degna di essere vissuta. Setacciando l’anno che se ne sta andando, il 2015, ne ho scelti dieci, come i Comandamenti di fatti che varrebbe la pena ricordare e fare in modo che possano moltiplicarsi.
- Desirèe è una ragazzina americana la cui espressione del volto non può mascherare il suo stato di down. Il sabato, insieme con le sue compagne di college, si veste da chatleader e va a fare le coreografie per incitare la squadra di basket del suo istituto. In trasferta a Detroit è scoppiato l’inferno con parte del pubblico che insultava la giovane disabile. Dopo cinque minuti di squallida gazzarra i capitani delle due squadre si sono consultati. Tutti negli spogliatoi per protesta. La gara non si è più giocata e gli atleti hanno portato Desirèe al pub per consolarla e festeggiare.
- Sul pennone più alto dello stadio per l’atletica di Città del Capo in Sudafrica, sventola la bandiere tricolore dell’Italia. Sono appena terminate le Olimpiadi allestite per i “diversi” del mondo. I nostri ragazzi hanno fatto un figurone guadagnandosi quattro ori, un argento e un bronzo. La più brava si chiama Nicole Orlando e la sua fotografia in primo piano, mentre piangeva per la felicità, ha fatto il giro del mondo. E’ meraviglioso e forse voluto anche dal destino destino che l’evento si sia realizzato in Sudafrica dove, per troppo tempo, il concetto di diversità ha scandito la vita dei neri. Veri padroni perseguitati della loro terra.
- Ogni tanto, in virtù di un suono o di una luce particolare, mi viene in mente l’amico Lucio Dalla e la sua abitazione-studio in centro a Bologna dove ciascuno poteva entrare senza l’obbligo di essere annunciato. L’ultima volta che sono salito lassù è stata dopo la morte di Ayrton Senna. Lucio aveva scritto una canzone per lui e desiderava che, in pochi, la sentissimo in anteprima. Inutile dire che quei blitz in casa Dalla mancano tremendamente. Lui terrone, naturalizzato emiliano, venne maldestramente definito cantautore. Era in realtà un grande poeta contemporaneo. Perfetto per la città di Bologna culla di affabulatori e musicanti strani e geniali. Ebbene, se fate un salto da quelle parti andate in centro nella via parallela a quella di Dalla. Per tutto il cammono sotto i portici e sino a Piazza Maggiore è una sfilata letteraria. Per ogni colonna un foglio con una poesia, una riflessione, un racconto breve scritti a mano da anime gentili. Artisti da strada che il wwf dovrebbe proteggere.
- A migliaia continuano ad arrivare nei Paesi europei le vittime delle guerre e delle intolleranze assortite che fuggono dalle loro terre non per volontà ma per necessità di sopravvivenza. Da noi, più che altri, sbarcano sulle coste della Sicilia e della Calabria. A Monaco di Baviera non c’è il mare. Sicchè arrivano in massa pigiati dentro i treno della speranza. Il primo convoglio ufficialmente lasciato entrare in Germania è arrivato pochi giorni fa con almeno duemila profughi. All’esterno della stazione centrale ad attenderli c’era un numero più o meno identico di persone. Chi temeva contestazioni o incidenti ha subito capito che poteva stare tranquillo. I migranti infatti sono stati accolti da applausi, frasi di solidarietà, distribuzione di indumenti, cibo e acqua. Nell’aria volavano le note del celebre “Inno alla gioia”. Qualcuno ha detto che i tedeschi devono farsi perdonare orrori mai cancellati. Ma se fosse anche così, evviva la manifestazione di Monaco. Vuol dire che si ha ancora il coraggio di chiedere perdono.
- Questa dovrebbe rappresentare l’ennesima storia di normale disperazione alle quali la crisi incora in atto per gran parte dell’Europa ci sta purtroppo abituando. Anche i protagonisti sono i soliti noti. Una multinazionale dell’acciaio e i suoi dipendenti italiani. L’IItalcables, infatti, per tentare di arginare questo momento di stanca in quanto a produzione ha deciso di chiudere lo stabilimento che, in Abruzzo, dava lavoro a trentasei famiglie. Ho volutamente usato il verbo al condizionale perchè, di fatto, il drammatico evento del licenziamento e della disoccupazione non ci sarà. Non per il momento almeno. I lavoratori dell’azienda, infatti, dopo estenuanti riunioni organizzative hanno deciso di entrare in fabbrica e di riprendere autonomamente la produzione. Una risposta forte a tutti coloro che usano la crisi sulla pelle altrui.
- Il cinema, lo sanno tutti, è finzione anche quando racconta st orie realmente accadute. Non a caso i francesi amano definire con un verbo questa particolare forma di arte “jouer” cioè “giocare” aggiungendo che “La vie n’est pas du cinema” ovvero che la vita non è un film. Può accadere, tuttavia, che la realtà superi l’immaginazione creativa di una sceneggiatura. Un paio di anni fa uscì il bellissimo film di Muccino con Will Smith dal titolo “Sette anime”. Una vicenda tragica e molto commovente basata sull’amore che si dovrebbe avere per il prossimo con il protagonista destinato a morte sicura che si uccide anzitempo in modo da poter donare sette organi ad altrettanti malati che grazie a lui guariranno. Ebbene, il signor Chekta Pears, di Atlanta, devastato da leucemia fulminante ha fatto la stessa cosa salvando dieci persone. Tre in più di quelle del film.
- Si è soliti dire che la fortuna non guarda in faccia nessuno quando decide di battezzare un individuo privilegiando uno piuttosto che un altro. In effetti, salvo casi rarissimi destinati a rimanere anonimi, le lotterie porta denaro sono perlopiù a vantaggio di chi non ne avrebbe bisogno oppure per chi fa il giocatore d’azzardo per professione. Prima di Natale negli Usa la dea bendata ha fatto centro. Andrea Bezim, afroamericano, aveva perso il lavoro, la moglie, l’unico figlio e (non è uno scherzo) anche il cagnolino che gli faceva compagnia. Accanto al bidone della spazzatura ove dormiva ha trovato un biglietto della lotteria abbinato ad una partita di basket e al nome del giocatore che sarebbe andato per ultimo a canestro. Ha vinto la squadra sfavorita e i tre punti decisivi li ha realizzati una riserva che ha sostituito il compagno infortunato all’ultimo minuto. Andra Bezim ha vinto 500 mila dollari.
- Uno si immagina gli irlandesi persone intagliate nel legno delle loro foreste o scolpite con il carbone delle loro miniere. Gente ruvida, spesso rude, e assolutamente legata a filo doppio con le tradizioni. La scorsa settimana nel municipio di Belfast sono state celebrate le nozze di due coppie. Un uomo ha sposato il suo compagno di una vita. Una donna si è legata con un’altra giovane fanciulla. Il tutto legalmente e alla luce del sole grazie al responso del referendum popolare che, da adesso in avanti, sancisce e rende pienamente legittime le unioni gay.
- Ancora sulle Paralimpiadi per disabili del Sudafrica. La plurimedagliata italiana Carlotta Sano affetta fin dalla nascita dalla sindrome down potrà finalmente coronare quello che è sempre stato il suo sogno. Insegnare ai bambini della scuola materna del piccolo paese in Toscana dove è nata e dove vive. E i suoi piccoli allievi saranno tutti bimbi assolutamente normodotati. Alla faccia di tutte le inesistenti paure schizofreniche e i luoghi comuni da medioevo di certi genitori ottusi.
- Per chiudere, nessuna parola ma una fotografia. Quella, ormai storica, dell’abbraccio da vere sorelle tra la Pennetta e la Vinci alla fine dell’incontro-scontro negli Open americani. Guardate bene le due brindisine: sembra che abbiano vinto entrambe.