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    Qatar 2022: già 1.200 operai sono morti nei cantieri. Niente da dire, Blatter?

    Qatar 2022: già 1.200 operai sono morti nei cantieri. Niente da dire, Blatter?

     
    È cosa ormai nota che i mondiali di calcio del 2022 saranno disputati in Qatar. E solo qualche giorno fa i giornali rimbalzavano la notizia che le competizioni, a causa dell’afoso caldo che durante la stagione estiva imperversa in quelle regioni, saranno disputate in inverno. Un vero e proprio shock per tutti gli appassionati del pallone che difficilmente possono immaginare di guardare le partite della nazionale mentre fuori nevica e fa freddo. Comunque nessun problema, in caso di vittoria finale, tutti quanti scenderemo in piazza, ma ben coperti con sciarpe e cappelli. In questo articolo, però, non si vuole parlare delle emozioni che gli azzurri ci faranno vivere fra qualche anno. Al contrario si vuole porre l’attenzione su un brutto capitolo della storia del calcio che si sta scrivendo proprio in questi anni.
    Il Qatar ha vinto il sorteggio per ospitare i mondiali di calcio nel 2022, senza strutture adeguate e senza esperienza. All’appello mancherebbe tutto: stadi, impianti sportivi, alberghi e negozi pronti a soddisfare l’orda di turisti che sbarcheranno nel Paese.
    Le autorità del Qatar non si sono per nulla preoccupate e si sono subito messe al lavoro per far in modo che il Paese entro la fatidica data sia pronto ad accogliere nel miglior modo possibile le nazionali e i turisti che ne seguiranno le gesta. Per questa ragione operai indiani, nepalesi e filippini lavorano già da diversi anni nei cantieri di Doha per costruire stadi, alberghi, palazzi e centri commerciali. E fin qui tutto potrebbe sembrare normale.
    Se non fosse che la Confederazione internazionale dei sindacati ha stimato che a lavori ultimati saranno quasi 4 mila i lavoratori morti nelle operazioni di costruzioni di questi impianti. Un interessante grafico pubblicato su twitter da Ouriel Daskal, giornalista di una nota rivista sportiva inglese, mostra che i decessi già accertati sarebbero 1.200. La cifra è davvero alta e invita a riflettere. Ma si rimane a bocca aperta quando si scopre che negli anni passati le vittime sul lavoro per la costruzione di stadi e infrastrutture connesse alle attività sportive non hanno mai superato la centinaia.
    Qualche esempio. Nei mondiali in Sud Africa, secondo il grafico già citato, si conterebbero duemila vittime, per le olimpiadi invernali di Sochi, invece, solo 50. In merito all’ultimo Campionato del Mondo svolto in Brasile gli operai deceduti in incidenti sul lavoro sono stati solo 8. Insomma, in Qatar c’è qualcosa che non va.
     
    Lo studio. Il Guardian ha più volte condotto diverse indagini volte a studiare le condizioni in cui versano gli operai in Qatar. Secondo le loro ricostruzioni saremmo vicini a una situazione che per molti aspetti ricorderebbe la schiavitù. La manodopera impiegata è costretta a lavorare 12 ore al giorno in condizione estreme dato che spesso le temperature arrivano anche a toccare i 50 gradi. Gli operai sarebbero anche spesso vittime di punizioni corporali in caso di lamentele e le tariffe degli stipendi sono quotate con la modica cifra di un euro l’ora. Inoltre, come spiega un report condotto da Amnesty International «gli atteggiamenti discriminatori nei confronti dei lavoratori migranti in Qatar, molti dei quali provengono dall’Asia del Sud o dal Sudest Asiatico, sono la norma.
    Un ricercatore di Amnesty International ha sentito il responsabile di un’impresa di costruzione parlare “degli animali” riferendosi ai manovali».
    Questa situazione, più volte criticata dalla stampa internazionale, non è ancora in alcun modo mutata. «Il tempo – spiega ancora un responsabile di Amnesty International – si sta esaurendo velocemente. Sono passati quattro anni da quando il Qatar ha vinto la gara per ospitare la Coppa del Mondo e finora la risposta sugli abusi non è andata oltre le promesse e i piani di azione. Occorre un intervento urgente per evitare che il Mondiale ponga le basi sul lavoro forzato e lo sfruttamento».
    La ricchezza del Qatar. Questa situazione suscita rabbia e indignazione perché accade proprio nel paese più ricco del mondo. Poco più grande del nostro Abruzzo, i quasi due milioni di abitanti che vi risiedono sono governati da una monarchia assoluta. L’unica fortuna di questo piccolo emirato è la grande quantità di petrolio e gas che i loro pozzi riescono a sfornare ogni anno. Ancora non sono disponibili i dati del 2014 ma nel 2013 il Pil pro capite superava i 100 mila dollari. Inoltre, secondo i dati del Rapporto 2013 sulla ricchezza in Medio Oriente pubblicato dalla Qatar Financial Center Authority vi sarebbero più di 4 mila milionari nel Paese, su una popolazione locale di circa 300mila qatarini.
    Le dichiarazioni di Blatter. Nel dicembre scorso, quando Sepp Blatter, presidente della Fifa, era stato interpellato sulle condizioni di questi operai, aveva risposto che i morti registrati fino ad allora non sarebbero in alcun modo responsabilità della Fifa, ma, piuttosto, delle imprese impiegate sul territorio. Una dichiarazione che stona rispetto alla frasi da lui pronunciate pochi giorni dopo il sorteggio che aveva visto trionfare il Qatar: «I lavoratori avranno condizioni migliori grazie ai Mondiali. E questa situazione non riguarda solo il Qatar. La Fifa assicura che farà di tutto affinché gli operai possano lavorare nelle giuste condizioni». Un buon proposito che però, nessuno, fino a questo momento, si è preoccupato di mantenere.

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