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Marotta: 'La Juve ha sempre avuto e avrà ancora uno zoccolo duro italiano. L'Italia deve investire sugli allenatori '
L'ad della Juventus, Beppe Marotta, ha parlato a La Stampa del momento del calcio italiano, confermando l'impossibilità di vedere in campo una sfida composta da 22 giocatori nati nel nostro paese, ma auspicando un mantenimento di uno zoccolo duro italiano sia nella sua Juventus che nella maggioranza dei club del nostro campionato.
Cos'è cambiato rispetto ad allora?
"All’epoca, specie per le società di medio-bassa classifica, la ricerca dello straniero era rara. Si è esasperata nel decennio successivo perché è diminuita la qualità dei giovani italiani e, soprattutto, perché anche i club minori si sono attrezzati con attività di scouting internazionale: la selezione è più ampia e aumenta l’opportunità di trovare giocatori a prezzi congrui".
Potrà mai rigiocarsi, in Serie A, una partita con soli italiani?
"Difficile. È il riflesso della globalizzazione. I rapporti con l’estero sono cambiati, come le strategie: qualche anno fa era inimmaginabile un calciatore con il palmares di Sagna al Benevento. Però...".
Però?
"Gli stranieri sono importanti, le grandi società in particolare importano fuoriclasse per vincere, ma far giocare degli italiani dà un grande senso di appartenenza: il ciclo della Juventus è coinciso con uno zoccolo duro italiano e uno dei nostri obiettivi è non disperdere questo patrimonio".
Come si può recuperare la qualità?
"Attraverso una politica di valorizzazione dei settori giovanili, con l’istituzione di Centri federali sul modello tedesco o spagnolo. Va migliorato il concetto di formazione, è fondamentale investire su tecnici preparati. Il tutto senza temere gli stranieri. Anzi, uno degli aspetti limitanti è la naturalizzazione dei giovani con radici in altri Paesi, diffusa altrove. Dobbiamo riguadagnare terreno rispetto a nazioni e Nazionali cresciute di valore in questo decennio: pensate che in Europa, dal giorno in cui si giocò quella partita, tra i nostri club ha vinto solo l’Inter. Prima eravamo abituati a primeggiare".