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    Jacobelli: perché Conte ha lasciato la Juve che non finirà mai di rimpiangerlo ed è condannata a vincere solo in Italia

    Jacobelli: perché Conte ha lasciato la Juve che non finirà mai di rimpiangerlo ed è condannata a vincere solo in Italia

    Le dimissioni di Antonio Conte sono prima di tutto un atto di coerenza che fanno onore a chi l'ha compiuto. Quando, conquistato il terzo scudetto consecutivo, l'allenatore aveva deciso di rimanere a Torino, ma non di prolungare il contratto in scadenza nel 2015, si era capito che la società avrebbe avuto un solo modo per vincere lo scetticismo dell'ex capitano: mettergli a disposizione un organico degno del sogno europeo.

    Se, invece, al secondo giorno di ritiro precampionato il signore di Lecce si dimette, rinunciando peraltro ad un lucroso contratto e senza avere nessuna alternativa alla sua altezza, tranne la Nazionale, questo significa che né Evra né Morata né Iturbe (ammesso e non concesso che possa ancora arrivare) bastavano a Conte o gli sarebbero bastati. 

    Se si aggiungono la minaccia incombente del Manchester United di portare via Vidal, pagandolo anche 50 milioni; il mancato arrivo di Sanchez, Cuadrado e Berardi, rimasto al Sassuolo; le perplessità del tecnico su Evra, che è sicuramente un veterano di lungo corso, ma non è  Lahm, tanto per fare nomi, si trova la prima serie di cause all'origine del terremoto che oggi ha sconvolto la Juve.  

    La seconda risiede nella condanna alla quale Conte si è voluto sottrarre in anticipo. Il tecnico ha capito che, dopo i tre anni durante i quali ha ottenuto il massimo dalla Juve tricampione o la squadra sarebbe stata vigorosamente rafforzata per sostenere l'urto della concorrenza in Champions League o avrebbe potuto continuare a vincere solo in Italia. Facendo molto fatica.

    Possiamo facilmente immaginare i pensieri che in questi giorni si sono inseguiti nella mente del campione d'Italia, raffrontando le manovre di mercato del suo club con quelle dei principali avversari internazionali: Diego Costa al Chelsea, Suarez al Barcellona, Sanchez all'Arsenal, il Real piomba  su James Rodriguez,  Di Maria potrebbe andare al Psg che non molla Verratti e prende David Luiz per 60 milioni, tanto la difesa dei campioni di Francia non è la banda del buco brasiliana.

    Intanto, il Manchester United ha già preso Herrera e Shaw trasformandolo nel diciottenne più pagato al mondo (i 19 anni li ha compiuti soltanto tre giorni fa) e il giocatore più giovane in campo a Brasile 2014. Non pago, Van Gaal ha ordinato di prendere Vidal a ogni costo e Conte ha capito l'antifona.

    Sia chiaro: la Juve ha il diritto di pensare prima alle esigenze del bilancio e poi al sogno Champions League. Nella stessa misura in cui Conte, che in questi tre anni ci ha messo sempre la faccia ed è stato il primo artefice di un tris storico, ha il diritto di dimettersi se la sua quarta Juve non gli piace.

    Indipendentemente da chi ne prenderà il posto, la società lo rimpiangerà molto più di quanto ora non possa immaginare: Conte è stato a questa Juve ciò che Mourinho è stato per l'Inter. Tutto.  Se è vero che gli allenatori e i giocatori passano, ma la Juve resta è altrettanto vero che peggior momento in cui perdere Conte, la società non poteva  augurarsi.

    Questo non è l'anno zero, come dice Agnelli. In realtà, oggi è incominciato l'anno uno senza Conte. Sarà durissima.
     
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    Xavier Jacobelli
    Direttore Editoriale www.calciomercato.com

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