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    Adrián Lopez, il Porto e quelle crepe nel mito di Jorge Mendes

    Adrián Lopez, il Porto e quelle crepe nel mito di Jorge Mendes

    • Pippo Russo
    Avviso a Jorge Mendes: continuiamo a essere amici, ma dopo la bidonata di Adrián Lopez non faremo più questo tipo di affari. Non ha scelto formule diplomatiche Jorge Nuno de Lima Pinto Da Costa, presidente del Porto. Anzi, la cornice e il contesto in cui le parole sono state pronunciate danno loro ulteriore peso. Il massimo dirigente dei Dragões ha infatti scelto di inviare questo messaggio attraverso Porto Canal, l’emittente controllata dal club, e per di più nel corso di un’intervista in cui ha annunciato l’ennesima ricandidatura alla presidenza, a caccia del quindicesimo mandato. E in un quadro così solenne Pinto Da Costa ha recapitato un avviso all’uomo più potente del calcio contemporaneo.

    Il presidente portista ha toccato il tema durante la fase dell’intervista dedicata al tecnico basco Julen Lopetegui, esonerato l’otto gennaio scorso dopo la sconfitta in casa contro il Maritimo in Coppa di Lega e visto come il principale responsabile dell’ispanizzazione della squadra. E a quel punto il discorso è caduto sull’attaccante ex colchonero, uno dei più clamorosi flop di calciomercato dell’epoca di Pinto Da Costa: “Quella di Adrián Lopez è una storia a sé. Quando Lopetegui è arrivato si è reso conto che non conosceva bene il campionato portoghese, e ha voluto basarsi su calciatori spagnoli. Una delle sue richieste è stato Adrián Lopez. E così sono entrato in contatto con l’Atletico Madrid e Jorge Mendes. Il prezzo (11 milioni di euro per il 60%) era esorbitante e così ho detto no. Ma l’agente ha trovato una soluzione, facendoci presentare impegni di pagamento a un anno, e se per allora non avessimo voluto tenere con noi il giocatore lui l’avrebbe piazzato altrove per lo stesso valore. Un anno è passato, lui [Mendes] non l’ha piazzato, e a noi è toccato pagare. Non ho perso la fiducia in Jorge Mendes, ma affari come questo non ne faccio più”. Frasi nette, a segnalare che il credito si sta esaurendo. Soprattutto, esse hanno per Jorge Mendes un rilievo particolare, sia in termini politici che per il momento di carriera che il super-agente portoghese sta attraversando.

    Riguardo all’aspetto politico, c’è un fattore che Mendes farebbe bene a non sottovalutare: mettendola sul piano delle alleanze coi grandi club del calcio portoghese, egli rischia di scontare le stesse scelte che portarono il suo predecessore, José Veiga, a veder crollare il proprio impero. Veiga è stato il più potente agente portoghese fra gli anni Novanta e la prima metà degli anni Zero, e ciò fu possibile proprio grazie all’alleanza col Porto, che a suo tempo gli permise di scalzare l’altro agente lusitano storico, Manuel Barbosa (a sua volta mai particolarmente amico dei Dragões). Poi però Veiga litigò con Pinto da Costa, a causa del trasferimento di Sergio Conceição alla Lazio: nato da un’offerta di cui Veiga si era fatto latore, ma poi condotto a termine dall’agente italo-belga Luciano D’Onofrio. Inoltre, poco prima che la sua carriera di agente si concludesse in modo rovinoso, Veiga si avvicinò al Benfica fino a assumerne il ruolo di direttore generale, e ciò avvenne giusto mentre Mendes avviava la sua carriera da agente e prendeva a scalare posizioni grazie alle ottime relazioni col Porto. A dieci anni di distanza lo schema si ripresenta, e Mendes si trova a posizioni invertite: pur non avendo mai rotto col Porto, si è decisamente avvicinato al Benfica. Il che non fa certo piacere a Pinto Da Costa. E se poi succede che su un affare costoso come quello riguardante Adrián Lopez (per inciso, un cliente di Gestifute) le garanzie offerte da Mendes si rivelino carta straccia, ecco che la qualità delle relazioni peggiora.

    Per quello che riguarda il momento della carriera di Mendes in cui le parole di Pinto Da Costa sono state pronunciate, esso vede certamente il super-agente all’apice; ma è una legge della storia che ogni apice sia anche il punto d’avvio del declino. E in effetti alcune vicende recenti raccontano che Jorge Mendes, per la voglia di strafare e l’incapacità di darsi un limite, ha fatto registrare dei clamorosi passaggi a vuoto. Certamente non in linea con la sua fama di (vera o presunta) infallibilità. Si parte col grottesco caso di Rodrigo Caio, il brasiliano imposto al Valencia dell’amico Peter Lim al posto di Imbula ma poi bocciato alle visite mediche. C’è stato quindi l’imbarazzante caso del mancato scambio di portieri (De Gea e Navas) tra il Real Madrid e il Manchester United, chiuso nelle ultime ore di mercato ma poi saltato per una storia di fax trasmessi male. Fra l’altro, a margine di quella vicenda ridicola vanno segnalati altri due elementi. Il primo: dopo quella figuraccia, il presidente madridista Florentino Perez ha fatto sapere che metterà un freno agli affari col boss di Gestifute. Il secondo: mentre Mendes era nel pieno delle negoziazioni per lo scambio di portieri, il presidente del Benfica, Luis Filipe Vieira, ha provato a chiamarlo per sollecitarlo a chiedere all’Atletico Madrid il prestito di Siqueira. Come ha riferito pochi giorni dopo il quotidiano “Correio da Manha”, Mendes era troppo impegnato nell’altra trattativa e non ha risposto alla chiamata di Vieira, stabilendo così delle priorità (LEGGI QUI). Col risultato di lasciarsi alle spalle due missioni incompiute in un colpo solo. Alla lista vanno aggiunti le recenti disavventure di due allenatori della scuderia Gestifute: José Mourinho al Chelsea e Nuno Espirito Santo al Valencia, con quest’ultimo indotto alle dimissioni a furor di popolo. E adesso arrivano le parole di Pinto Da Costa, alleato quasi ex. Forse è il momento che Mendes passi alla difesa dell’impero personale, piuttosto che pensare a ulteriori espansioni.

    @pippoevai

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