AFP/Getty Images
Violamania: il dominio sterile di un attacco che ha bisogno di... Gabbiadini
Ingredienti: tanta confusione tattica, errori madornali in difesa, inconcludenza cronica e qualche critica arbitrale. Preparazione: novanta minuti di sterili attacchi, senza mai graffiare, e una disattenzione dolorosa. Risultato: un panettone indigesto.
Il Parma sbanca il 'Franchi' e lascia la Fiorentina in quella crisi dalla quale non è mai uscita. Boxing day amaro per la formazione di Stefano Pioli, affossata dal sigillo di Inglese poco prima del fischio finale della prima frazione: un gol che taglia la corda e la lascia cadere giù, in una caduta che fa male, tanto quanto lo svarione di Hugo che non prende il pallone e apre un'autostrada all'attaccante del Parma.
"Abbiamo commesso errori tecnici, se abbiamo perso è solamente colpa nostra", ha spiegato il mister. E tolta la giornatuccia dell'arbitro, la Fiorentina si è colpita da sola. Autolesionismo sviluppato tramite un dominio assoluto, senza però azioni veramente pericolose. Sepe si è limitato alla normale amministrazione, salvo qualche tuffo comunque ben arginato dalla difesa. Pjaca ha sfuttato la febbre di Mirallas per tornare dal primo minuto, spendendosi in fase difensiva ma sbagliando tecnicamente in avanti. Simeone, come la squadra, non è ancora uscito dalla crisi: le reti contro Sassuolo ed Empoli sono solamente un fuoco di paglia all'interno di un problema ben più ampio. Resta il fatto che, dopo un Natale vissuto a tre punti di distanza dalla Champions League, adesso sembra tutto da rifare.
Il mercato deve portare necessariamente un Gabbiadini. O meglio ancora proprio Gabbiadini. Andando oltre ai costi, sforzandosi di regalare un rinforzo che potrebbe proiettare in alto. Alla Fiorentina manca poco, tanti stanno deludendo ma una scintilla sarebbe sufficiente per ripartire. Le avversarie stentano: una volta il Milan, una volta l'Atalanta, una volta la Lazio e così via. Dunque, crederci è lecito. Le distanze aumentano e diminuiscono in fretta, vietati altri passi falsi. Serve qualcuno che rompa la monotonia di attacchi simili e troppe volte inconcludenti. Qualcuno che sappia segnare in modo imprevedibile, come ha fatto Chiesa a Milano. Ma una chiesa, senza il villaggio, è fine a se stessa.
Il Parma sbanca il 'Franchi' e lascia la Fiorentina in quella crisi dalla quale non è mai uscita. Boxing day amaro per la formazione di Stefano Pioli, affossata dal sigillo di Inglese poco prima del fischio finale della prima frazione: un gol che taglia la corda e la lascia cadere giù, in una caduta che fa male, tanto quanto lo svarione di Hugo che non prende il pallone e apre un'autostrada all'attaccante del Parma.
"Abbiamo commesso errori tecnici, se abbiamo perso è solamente colpa nostra", ha spiegato il mister. E tolta la giornatuccia dell'arbitro, la Fiorentina si è colpita da sola. Autolesionismo sviluppato tramite un dominio assoluto, senza però azioni veramente pericolose. Sepe si è limitato alla normale amministrazione, salvo qualche tuffo comunque ben arginato dalla difesa. Pjaca ha sfuttato la febbre di Mirallas per tornare dal primo minuto, spendendosi in fase difensiva ma sbagliando tecnicamente in avanti. Simeone, come la squadra, non è ancora uscito dalla crisi: le reti contro Sassuolo ed Empoli sono solamente un fuoco di paglia all'interno di un problema ben più ampio. Resta il fatto che, dopo un Natale vissuto a tre punti di distanza dalla Champions League, adesso sembra tutto da rifare.
Il mercato deve portare necessariamente un Gabbiadini. O meglio ancora proprio Gabbiadini. Andando oltre ai costi, sforzandosi di regalare un rinforzo che potrebbe proiettare in alto. Alla Fiorentina manca poco, tanti stanno deludendo ma una scintilla sarebbe sufficiente per ripartire. Le avversarie stentano: una volta il Milan, una volta l'Atalanta, una volta la Lazio e così via. Dunque, crederci è lecito. Le distanze aumentano e diminuiscono in fretta, vietati altri passi falsi. Serve qualcuno che rompa la monotonia di attacchi simili e troppe volte inconcludenti. Qualcuno che sappia segnare in modo imprevedibile, come ha fatto Chiesa a Milano. Ma una chiesa, senza il villaggio, è fine a se stessa.