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    Romamania: il derby una gran bella storia, però adesso pensiamo a Dzeko & Mou!

    Romamania: il derby una gran bella storia, però adesso pensiamo a Dzeko & Mou!

    • Paolo Franci
    Beh poi alla fine, quando vinci il derby il retrogusto è ogni volta di una dolcezza inaspettata. Cioè, certo, l'inutilità per la classifica era evidente e manifesta, ma fare due gol ai dirimpettai della città, a maggior ragione dopo averlo perso in modo così netto all'andata, è una di quelle cose che riconciliano col pallone. Mi sono preso del tempo prima di scrivere per uscire dal portale emozionale post derby, perchè adesso c'è da pensare solo ed assolutamente al futuro, sebbene ci sia ancora l'Europetta di scorta da conquistare.

    E già immagino il bagno di folla del primo giorno di Mourinho a Trigoria. Io spero vivamente che Mou, voglio ripeterlo, si tenga stretto Edin Dzeko, uomo fondamentale nel tessuto romanista e profondamente coinvolto nei destini della squadra, nonostante il rapporto tormentato che ha vissuto con Paulo Fonseca. Ecco, io credo che la Roma abbia bisogno di leader e personaggi di peso nello spogliatoio per inoculare il più rapidamente possibile il credo di Mourinho. Il senso di appartenenza, il sentire il progetto tecnico come un qualcosa da vivere sotto e sopra la pelle è uno dei punti chiave del lavoro di Mou.

    Lo fece con il Porto, quando vinse una incredibile Champions League, convincendo i giocatori di essere una specie di gruppo di templari che avrebbero dovuto custodire non il Sacro Graal, ma una maglia bianca e blu a strisce. Proprio quello che è mancato nell'era pallottiana, con la logica del supermarket Roma e la scelta di non creare uno strato di giocatori fortemente rappresentativi nella costruzione dello spogliatoio, eccezion fatta per Totti e De Rossi, che però nella Roma c'erano già e protagonisti di addii certamente diversi da come li avremmo immaginati.

    Che ci vogliano giocatori forti è chiaro, ma soprattutto bisognerà individuare calciatori che abbiano la naturale predisposizione alla 'missione' calcistica, che sentano la magia e l'appartenenza, che abbiano grinta e risolutezza nel vivere il quotidiano all'insegna degli obiettivi. Ed esserlo non vuol dire necessariamente essere nati a Roma. Mi è capitato di conoscere giocatori nati dall'altra parte del mondo che si sentono coinvolti ancor oggi nelle cose della Roma, in modo sorprendentemente sentimentale. Uno di questi, ad esempio, è il Pek Pizarro. Quanto ci tiene alla Roma! E che divertenti gli aneddoti della prima Roma spallettiana, la più bella di tutte.

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