Getty Images
Romamania: il derby una gran bella storia, però adesso pensiamo a Dzeko & Mou!
E già immagino il bagno di folla del primo giorno di Mourinho a Trigoria. Io spero vivamente che Mou, voglio ripeterlo, si tenga stretto Edin Dzeko, uomo fondamentale nel tessuto romanista e profondamente coinvolto nei destini della squadra, nonostante il rapporto tormentato che ha vissuto con Paulo Fonseca. Ecco, io credo che la Roma abbia bisogno di leader e personaggi di peso nello spogliatoio per inoculare il più rapidamente possibile il credo di Mourinho. Il senso di appartenenza, il sentire il progetto tecnico come un qualcosa da vivere sotto e sopra la pelle è uno dei punti chiave del lavoro di Mou.
Lo fece con il Porto, quando vinse una incredibile Champions League, convincendo i giocatori di essere una specie di gruppo di templari che avrebbero dovuto custodire non il Sacro Graal, ma una maglia bianca e blu a strisce. Proprio quello che è mancato nell'era pallottiana, con la logica del supermarket Roma e la scelta di non creare uno strato di giocatori fortemente rappresentativi nella costruzione dello spogliatoio, eccezion fatta per Totti e De Rossi, che però nella Roma c'erano già e protagonisti di addii certamente diversi da come li avremmo immaginati.
Che ci vogliano giocatori forti è chiaro, ma soprattutto bisognerà individuare calciatori che abbiano la naturale predisposizione alla 'missione' calcistica, che sentano la magia e l'appartenenza, che abbiano grinta e risolutezza nel vivere il quotidiano all'insegna degli obiettivi. Ed esserlo non vuol dire necessariamente essere nati a Roma. Mi è capitato di conoscere giocatori nati dall'altra parte del mondo che si sentono coinvolti ancor oggi nelle cose della Roma, in modo sorprendentemente sentimentale. Uno di questi, ad esempio, è il Pek Pizarro. Quanto ci tiene alla Roma! E che divertenti gli aneddoti della prima Roma spallettiana, la più bella di tutte.