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  • Fiorentina:| La banda degli scontenti

    Fiorentina:| La banda degli scontenti

    • L.C.

    Non c'è niente da fare. Inutile illudersi, pensare anche solo per un attimo di poter rimettere in piedi un campionato destinato a concludersi nel più triste anonimato. Mettere in banca la salvezze e proiettarsi sulla prossima stagione. Con calma, programmando sul serio, gettando basi solide per un futuro migliore del caos attuale. Questo l'unico obiettivo concreto per la Fiorentina. Con qualche caso da sistemare. Perché in una stagione da comparsa c'è anche spazio per i musi lunghi. Giocatori scontenti, finiti ai margini della squadra. All'improvviso scomparsi, o quasi. Si  vada Cerci a D'Agostino, passando per De Silvestri, Babacar e probabilmente anche Ljajic. Tutta gente partita tra squilli di tromba e spentasi piano piano.

    Il caso di Cerci è paradossale. Arrivato per quattro milioni di euro (follia vera) nonostante un contratto in scadenza e presentato come il più grande talento del calcio italiano. Altro che Giuseppe Rossi, Ranocchia e compagnia. 'Noi abbiamo soffiato l'Henry di Valmontone al Manchester City', che ha rimediato con Balotelli e Dzeko. Seconde scelte, a quanto pare. Alessio è arrivato e ha stupito tutti. All'esordio, prima giornata di campionato, in venti minuti fece impazzire il Napoli e accese gli animi del Franchi. Sembrava (appunto, sembrava) un giocatore in grado di far divertire. Poi i dribbling infiniti e mai riusciti, un atteggiamento supponente, qualche gesto poco elegante ai tifosi, le bordate di fischi e infine la tribuna. Ieri, alla terza consecutiva, ha abbandonato lo stadio in anticipo. Gesto grave, in un gruppo, che va contro le regole interne. Sarà punito? Forse sì, certo è che a fine stagione saluterà. Firenze non lo sopporta, e il sentimento è probabilmente reciproco.

    Più complicata la vicenda D'Agostino. Chi lo ha incrociato ieri dopo la partita assicura di un volto nerissimo. Ancora in panchina, sacrificato sull'altare di Donadel nonostante le parole di Sinisa. 'Lui e Montolivo possono giocare insieme, ma non quando dall'altra parte c'è un trequartista'. Va bene il Palermo (Pastore), va benissimo l'Inter (Sneijder), ma la Samp? Dov'è il fantasista da marcare da vicino nella squadra di Di Carlo. Non c'è, ed infatti l'ex Udinese non ha capito, e s'è arrabbiato. Nessuna polemica, per carità, ma un forte sentimento di insoddisfazione. Pagato nove milioni, ha vissuto questa stagione tra infermeria, fisioterapie e qualche panchina di troppo. Eppure la sensazione è che questa Fiorentina avrebbe disperato bisogno del suo mancino e delle sue idee. L'anno prossimo (senza Montolivo?) sarà forse un'altra storia.

    C'era una volta, poi, il terzino destro più promettente d'Italia. Capitano dell'Under 21 e destinato a diventare punto fermo della Nazionale maggiore. Futuro scritto, dicevano. Un po' come Santon. Uno a destra e l'altro a sinistra, dicevano. Come no. Uno è finito a Cesena, l'altro a sedere, per far spazio alla grezza esperienza di Comotto. Certo che Lollo ha messo del suo. Spesso spaesato, in perenne difficoltà in fase difensiva e frenato quando c'è da spingere. Un lampo, a Napoli, in un campionato specchio della Fiorentina. Né carne né pesce. Un giocatore piatto. La mancanza di fiducia ha fatto il resto. Accantonato nel momento più importante della stagione, rispolverato ieri per dar respiro al più esperto collega. Da sicuro titolare a riserva pressoché fissa. Recuperarlo è un obbligo.

    Pare ci sia infine, a Firenze, una legge non scritta. Non si può giocare con due punte di ruolo. Mai, almeno dall'inizio. In principio fu Bojinov, quindi vennero Pazzini ed Osvaldo. Tutte vittime del dogma del centravanti unico. Prima Toni, poi Gilardino. L'attacco è cosa sua, e basta. Al massimo Mutu=2C perché è Mutu, e comunque a girargli attorno. Mai al suo fianco. Babacar sta facendo una finaccia. Impossibile crescere così. Sempre a sedere, buttato dentro al massimo per dieci minuti. Piano piano, si sta intristendo. Non è un caso se il suo entourage mostra segnali di insofferenza. Non era meglio mandarlo a giocare? Certo, fosse arrivata un'altra punta...

    La banda degli scontenti. La chiameremo così, e bravo è stato Mihajlovic a tener tutto all'interno dello spogliatoio. Lui sa cosa vuol dire, è stato giocatore fino a ieri, e parla con i ragazzi. Li ha sempre difesi, e loro gli sono leali. Sguardo triste e muso lungo, ma mai un 'colpo di testa' o un'uscita fuori luogo. Solo Cerci, domenica pomeriggio, ha rotto il patto, abbandonando gli spalti prima della fine. Visto lo spettacolo, in effetti, non aveva nemmeno tutti i torti...

    (La Repubblica - Edizione Firenze)

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