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Sabatini: l'Italia di Conte più forte di quanto si pensa. E l'Arezzo di Capuano...
Così l’effetto visivo dei quotidiani sportivi è diventato ancora più storico e celebrativo. Segnatevi questa domenica, sarà ricordata come la giornata dei “titoloni” sull’Italia qualificata all’Europeo. “Dalla spaccatura è già nata una squadra vera”, racconta Alessandro Vocalelli, direttore del Corriere dello Sport. “In Francia da attori protagonisti” è l’auspicio misto a certezza di Sandro Bocchio, su Tuttosport. “Missione compiuta, l’Italia vince e convince”, riassume La Stampa.
La sintesi più convincente appartiene a Mario Sconcerti: “Qualificarsi non è stata un’impresa, ma Conte ha cambiato la testa della nazionale”, scrive l’editorialista del Corriere della Sera, ricordando che la formazione dell’ultima Italia di Prandelli, battuta dall’Uruguay al Mondiale, non era molto diversa da quella anti-Azerbaigian.
Differenze sparse. In fatto di uomini, la diversità è in attacco: là dove c’erano Balotelli e Immobile, ora giocano Eder e Pellè. In fatto di gioco e applicazione, non c’è paragone tra questo Conte e l’ultimo Prandelli. All’attuale ct vanno riconosciuti l’impegno sempre al limite (spesso anche oltre) e la maniacalità dei concetti di squadra. Conte usa e abusa di doppi allenamenti e sedute video. Una volta Coverciano serviva anche per staccare dalle tensioni del campionato. Il problema è che quando si staccava, poi era difficile “riattaccare” la spina della tensione: l’esempio più evidente si è avuto nel ritiro-resort con le famiglie, al Mondiale brasiliano. Fra un annetto a Euro2016 ci sentiremo tutti più puntigliosi: gli azzurri non correranno rischi di distrazioni. Anzi, conoscendo Conte, il pericolo sarà opposto: d’accordo pressione e applicazione, ma a patto di non esagerare. Tanto va bene. Troppo, no.
In fatto di risultati, invece, non c’è differenza tra la gestione attuale e quelle precedenti. La nazionale italiana non perde una sfida di qualificazione europea o mondiale da 49 partite. Significa che i risultati positivi hanno accompagnato anche Donadoni, Lippi e Prandelli. Tanti Azerbaigian, qualche Malta, un po’ di Far Oer e un paio di gitarelle a Cipro: anche così tutti i ct – non solo Conte – hanno arricchito una statistica che vale per quel che è. Una statistica e basta, appunto. Pensate all’Italrugby, per esempio. Si dice: perde sempre. E’ vero. Ma anche perché gioca quasi sempre contro le prime 5 nazionali del mondo. Infatti partecipa al 6 Nazioni, non al torneo di bar.
La regola universale non si discute: i numeri valgono comunque più delle sensazioni, dei pensieri, delle opinioni. Ma anche per questo i numeri di Conte vanno confrontati con quelli delle precedenti qualificazioni, non con le fasi finali. L’Italia di Prandelli – non va dimenticato – all’Europeo arrivò seconda, seppur strabattuta in finale dalla SuperSpagna. Era l’estate di Monti e Balotelli, i due SuperMario di cui non c’è più traccia nazionalpopolare. C’era una volta, insomma, una favola finita male.
Adesso c’è una nazionale che non è male come si vuol far credere. Bravo Conte, sì. Ma la squadra non è da buttare, anzi. Trascurando le preoccupazioni che iniziano ad arrivare da Buffon-Bonucci-Chiellini (il tempo passa?), Darmian e Verratti sono stelle internazionali con Manchester Utd e Paris Saint-Germain. Poche altre nazionali hanno ragazzi del loro valore. E non sghignazzate, ma Eder potrebbe tranquillamente giocare nell’ultimo Brasile. Non al posto di Neymar, ovvio. Ma almeno come prima riserva, anziché l’ultima riscoperta del ct Dunga: quel Ricardo Oliveira, inguardabile flop transitato anche dal Milan. Sulle fasce, Candreva e Insigne hanno talento raro in Europa. De Sciglio ha alternative, se dovesse perdersi nei labirinti milanisti. E se torna De Rossi al netto delle gomitate, il centrocampo acquisisce esperienza e sostanza in dosi uguali. Insomma, non è un’Italia da buttare. A dispetto del ranking Fifa, che ci colloca sotto il 15mo posto al Mondo, sembra una buonissima nazionale, e ben allenata. E’ l’ora di finirla con il pianto “si fa quel che si può” più variante “la squadra è quella che è”: falso, sbagliato. Non saremo una “squadra fortissimi” come canticchiava Checco Zalone, ma dieci anni dopo il 2006 questa Italia promette di essere forte quanto le altre nazionali europee.
Manca un centravanti? Sì, Pellè non è un campione. Ma con due ali volanti tipo Eder e Insigne, non serve che in attacco giochi uno “special one”. Va bene anche questo “centravant-one”, che in Premier League se la gioca con tutti. Come questa nazionale.
PS: Mi concedo due righe anche su Eziolino Capuano, l’allenatore dell’Arezzo che è fenomeno del web grazie a qualche sfuriata diventata virale. Da sabato, circola in rete un audio registrato da qualcuno che era in spogliatoio mentre questo “mister” si sfogava con la squadra dopo una sconfitta nella partitella del giovedì.
In rete, Capuano è molto popolare. Ha pagine social arricchite da migliaia di “mi piace”. Insomma, quasi un idolo. Personalmente, non riesco a provare simpatia per lui. Né umana, né professionale. D’accordo, lo spogliatoio è un luogo per definizione sacro e inviolabile. Ma questo non significa che si debbano applaudire o condividere offese, minacce, turpiloquio e umiliazione pubblica dei giocatori. In più, non è tollerabile che in tre minuti di sfogo negli spogliatoi non ci siano nemmeno tre secondi di appunti tecnici o tattici. Solo insulti, neanche un accenno calcistico: ma che allenatore è costui? Che tecnico è, uno che non parla mai di tecnica?
Ecco, in generale, state attenti agli allenatori di grinta e cuore, battute e frasi fatte. Attenti: sono tecnici che sanno poco o nulla del loro lavoro. Lavoro tecnico, appunto.
Sandro Sabatini (giornalista Mediaset Premium)
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